Dott. Ignazio Madonia
Tossinfezioni Alimentari
Gli alimenti possono essere contaminati in diverse fasi della catena alimentare. Durante la macellazione la carne può venire contaminata entrando in contatto con piccole quantità di contenuto intestinale. Nella fase di trasformazione degli alimenti, i microbi possono essere introdotti per contaminazione crociata da un altro prodotto agricolo non lavorato o da esseri umani infetti venuti a contatto con il cibo. In cucina i microbi possono essere trasmessi da un alimento all’altro tramite utensili impiegati per preparare entrambi i cibi senza essere sottoposti ad alcun lavaggio intermedio. Una cottura adeguata degli alimenti uccide gli agenti patogeni.
Esistono oggi al mondo più di 250 tossinfezioni alimentari, che si manifestano con differenti sintomi e come abbiamo visto, sono causate da diversi agenti patogeni, perlopiù batteri, virus e parassiti. Con il passare degli anni, vengono identificati continuamente nuovi patogeni (i cosiddetti patogeni emergenti, come Campilobacter jejuni, Escherichia coli 157:H7, Listeria monocytogenes, Yersinia enterocolitica, etc), alcuni dei quali si diffondono anche per effetto dell’incremento di scambi commerciali, di ricorso alla ristorazione collettiva, di grandi allevamenti intensivi e di viaggi.
Infezione
Le tossinfezioni alimentari abbiamo visto che possono derivare dall’infezione con microorganismi patogeni che colonizzano le mucose intestinali oppure dall’ingestione di alimenti contaminati da questi microorganismi o anche dalla presenza nei cibi di tossine di origine microbica, che causano malattia anche quando il microrganismo produttore non c’è più.
Oltre alle tossine di origine biologica, possono causare contaminazioni del cibo anche sostanze chimiche ad azione velenosa, come ad esempio i pesticidi utilizzati in agricoltura. Per evitare questo genere di problemi, la distribuzione di queste sostanze è strettamente regolamentata.
Esistono poi categorie di alimenti naturalmente tossici, come ad esempio i funghi velenosi o alcune specie di frutti di mare.
Sintomi e diagnosi
Normalmente, il sistema interessato dalle tossinfezioni alimentari è quello gastrointestinale con manifestazione di nausea, vomito, crampi addominali e diarrea, e con una insorgenza dei sintomi in un arco di tempo relativamente breve (da ore a giorni). Nel caso di ingestione di alimenti contaminati, viene solitamente colpita la prima parte dell’apparato gastroenterico e i sintomi (nausea e vomito più che diarrea e molto più raramente febbre e brividi) si manifestano in tempi più brevi. Nel caso invece di tossinfezioni causate da microrganismi che tendono a diffondersi anche nel sistema sanguigno, i tempi di manifestazione possono essere più lunghi, e il sintomo più frequente è la diarrea, accompagnata da febbre e brividi.
Tuttavia, vi sono casi in cui i sintomi interessano altri apparati corporei e il decorso della malattia è molto diverso. Nel caso del prione legato alla malattia di Creutzfield-Jacob, ad esempio, il periodo di incubazione può essere anche di molti anni e le manifestazioni sintomatiche non interessano il sistema gastrointestinale, ma quello neurale.
La diagnosi di una tossinfezione è possibile solo attraverso test di laboratorio che identificano l’agente patogeno. Tuttavia, in molti casi, una diagnosi non viene effettuata perché non c’è una denuncia alle autorità sanitarie dell’infezione.
Inoltre, uno dei problemi in termini di gestione delle tossinfezioni alimentari è chiarire l’origine della malattia, soprattutto quando questa si trasforma in epidemia. Dato che molti microrganismi patogeni possono diffondersi anche attraverso canali diversi dal cibo (ad esempio attraverso l’acqua, l’aria o per contatto diretto), non sempre è facile per le autorità identificare la fonte dell’infezione e intervenire.
Nel corso dell’ultimo secolo, le malattie di origine alimentare sono cambiate molto, soprattutto nei paesi industrializzati. Da una prevalenza di febbre tifoidea e di colera, infatti, grazie all’implementazione di migliori pratiche di gestione degli alimenti, si è passati a malattie più recenti. Negli Stati Uniti sono stati identificati come agenti patogeni a metà degli anni ’90 il parassita Cyclospora e il batterio Vibrio parahemolyticus che ha infettato le ostriche. Negli stessi anni, l’Europa si trovava ad affrontare l’emergenza Bse, che nella versione capace di infettare gli esseri umani, la malattia di Creutzfield-Jacob, costituisce ancora oggi una delle principali preoccupazioni nel campo della sicurezza alimentare.
L'importanza delle tossinfezioni alimentari è enfatizzata anche dalla nozione che il 2-3% di queste patologie è potenzialmente correlato a rilevanti sequele di tipo cronico: spondilìte anchilosante, artropatie, malattie renali (s. emolitico-uremica), disturbi cardiaci, malattie neurologìche (s. Guillain-Barrè), endocrinopatie (m. di Graves), enteropatie con diarrea cronica e malassorbimento (Crohn).
Gli agenti patogeni
Le infezioni più note sono quelle causate dai batteri Campylobacter, Salmonella, e Escherichia coli e dai virus del gruppo dei calicivirus.
Campylobacter genera febbre, crampi addominali ed è la causa più comune di diarrea al mondo. Si trova soprattutto nelle carni di volatili e pollame, che quindi dovrebbero sempre essere ben cotti.
La Salmonella è uno dei batteri più comunemente diffusi come origine di una tossinfezione alimentare, e si trova negli intestini di rettili, uccelli e mammiferi. I sintomi della salmonellosi sono diarrea, vomito e crampi addominali, ma in soggetti immunodepressi può causare condizioni anche molto serie.
I ceppi di Escherichia coli produttori di verocitotossina o Shiga-tossina (VTEC oppure STEC) sono patogeni enterici che producono una potente tossina responsabile di gravi forme morbose nell’uomo. Esistono numerosi sierotipi VTEC, individuati attraverso gli antigeni somatico O e flagellare H. Sebbene si conoscano oltre 100 sierotipi VTEC, solo alcuni sono stati associati frequentemente a malattia grave nell’uomo sono. Tra questi, il più noto e diffuso è il sierogruppo O157 seguito da O26, O145, O111, O121, O103. Questi sierogruppi sono generalmente caratterizzati dalla presenza di fattori di virulenza aggiuntivi alla VT, in particolare la capacità di aderire e colonizzare la mucosa intestinale (gene eae), e vengono chiamati entero-emorragici (EHEC) in relazione alla malattia clinica che causano nell’uomo.
La manifestazione clinica associata a infezione da VTEC varia dalla diarrea acquosa, alla colite emorragica e alla Sindrome Emolitico Uremica (SEU). Quest’ultima è la manifestazione più grave delle infezioni da VTEC e colpisce soprattutto i bambini. È generalmente legata agli stipiti VTEC produttori di vero tossina di tipo 2 (portatori del gene vtx2).
La SEU rappresenta la causa più importante di insufficienza renale acuta nell’età pediatrica, in particolare nei primi anni di vita. È caratterizzata da anemia emolitica, piastrinopenia e insufficienza renale acuta di grado variabile, sino alla necessita di trattamento dialitico sostitutivo. Il 25-30% dei pazienti colpiti da SEU può essere interessato da complicazioni neurologiche. Nella fase acuta, la SEU può essere fatale nel 3-5% dei casi e una percentuale simile può sviluppare insufficienza renale cronica.
I VTEC sono considerati agenti di zoonosi poiché i ruminanti, in modo particolare il bovino, sono portatori asintomatici di questi batteri e costituiscono il loro reservoir naturale.
L’infezione all’uomo si trasmette attraverso l’ingestione di alimenti o acqua contaminati o per contattato diretto con gli animali. Tra gli alimenti contaminati più a rischio ci sono la carne cruda o poco cotta, il latte non pastorizzato formaggi e altri derivati a base di latte non pastorizzato. Anche i vegetali (frutta e ortaggi e germogli) e i succhi possono veicolare l’infezione, come dimostrato dalle numerose epidemie legate a questi tipi di alimento (spinaci, lattuga, germogli alfa-alfa). La contaminazione dei vegetali avviene soprattutto attraverso pratiche di fertirrigazione e comunque attraverso la contaminazione con reflui zootecnici. Un’altra via di trasmissione delle infezioni da VTEC è quella oro-fecale da persona a persona. Questa via necessita di un contatto stretto tra gli individui ed è quindi molto spesso riportata nell’ambito familiare e scolastico (scuole d’infanzia e comunità).
La gravità della malattia dipende dalle caratteristiche di virulenza del ceppo infettante, dall’’età e condizioni generali del paziente e dalla dose infettante, che può essere anche molto bassa (inferiore a 100). Il tempo d’incubazione di circa 3 / 4 giorni, può variare tra i 2 e gli 8 giorni. Anche nei casi complicati dalla SEU l’esordio sintomatologico è generalmente caratterizzato da diarrea spesso ematica, accompagnata da dolore addominali intenso e vomito. La febbre, se presente, raramente supera i 38°C. Nei casi non complicati la malattia ha carattere autolimitante con una durata compresa tra 2 e 4 giorni. Le complicanze tipiche della SEU si manifestano a seguito del passaggio nel torrente circolatorio della tossina liberata nel lume intestinale.
Non esiste terapia specifica nei confronti dei VTEC e le infezioni vengono trattate con terapie di supporto (reidratazione, emo-dialisi e/o dialisi peritoneale, plasmaferesi, emotrasfusioni). La terapia antibiotica è sconsigliata o addirittura controindicata poiché potrebbe favorire il rilascio della tossina con peggioramento delle manifestazioni cliniche.
I Calicivirus sono molto comuni ma non facilmente diagnosticati in quanto non ci sono test di laboratorio disponibili. Causano acute infezioni gastrointestinali con vomito più che diarrea, che si concludono nel giro di un paio di giorni. Si ritiene che questi virus si passino principalmente da persona a persona e che quindi un cuoco o un operatore infetto che lavori in cucina possa facilmente contaminare il cibo che tocca.
Altre tossinfezioni sono causate da patogeni che possono infettare l’uomo anche attraverso altre vie, come il batterio Shigella, il virus dell’epatite A e diversi parassiti. In altri casi invece, la malattia non deriva dall’ingestione diretta di agenti patogeni, ma piuttosto dall’alimentazione con cibo contaminato da una tossina di origine microbica che agisce anche in assenza del microrganismo produttore. È questo il caso del batterio Staphylococcus aureus che produce tossine in grado di causare vomito violento. A questa categoria appartiene anche il temutissimo batterio Clostridium botulinum che produce una tossina in grado di causare una paralisi mortale nel giro di 24-36 ore.
Eziologia
Sebbene i consumatori ritengano in generale che additivi e contaminanti chimici rappresentino il maggior pericolo per il cibo, la stragrande maggioranza degli episodi di tossinfezione alimentare sono di origine infettiva. Secondo il Center for Disease Control and Prevention, il 79% di queste forme negli U.S. A sono dovute a batteri ed il 69% alla sola salmonella, analogamente ai principali paesi europei: in Italia, vengono notificati circa 23.000 casi/anno di salmonellosi, nell'Inghilterra-Galles 30.000, in Francia almeno 10.000.
Consideriamo brevemente alcuni aspetti di patogeni meno usuali o di recente acquisizione: E coli S.T.E.C., Arcobacter, Cryptosporidium, Cyclospora. Ci soffermeremo maggiormente sulla Listeria monocytogenes, di peculiare interesse biologico-clinico, riportando anche alcuni dati.
E Coli Shiga - Toxinproducing (S.T.E.C.)
Listeria monocytogenes
Il tasso di mortalità (23%) è elevato, particolarmente nei soggetti a rischio (immunodepressi, bambini etc.). La terapia si basa sull'uso di antibiotici come ampicillina ed aminoglicosidi e chemioterapici come il cotrimoxazolo.
La Listeria è distribuita in modo alquanto ubiquitario: si può trovare nel suolo, nelle piante, nell'acqua, nei concimi di origine animale. È veicolata dalle feci dell'uomo (2-6% di portatori) e degli animali come vitelli, pollame, maiali (10-50% di portatori). È in grado di vivere e moltiplicarsi alle basse temperature, ha scarse necessità nutritive e persiste a lungo nell'ambiente (anche 50-60 giorni). Si può ritrovare negli impianti di lavorazione alimentare, nei centri di cottura ed è ospite frequente di frigoriferi e congelatori domestici: la persistenza della Listeria può essere favorita dalla sua capacità di attaccarsi alle superfici e di formare biofìlm che le conferiscono una protezione verso i detergenti battericidi.
In base a questi dati è evidente che il batterio può contaminare i prodotti alimentari dalla produzione, alla lavorazione, alla distribuzione fino al mantenimento domestico. È stata isolata in vegetali freschi (11%), carni crude (13%), latte crudo (3-4%), pesce e altri. In uno studio effettuato nell'Italia centrale è stato esaminato un campione di 164 formaggi a pasta molle: la Listeria è stata trovata nel 27% dei campioni, anche se solo nel 4,9% dei casi si trattava dei sierotipi potenzialmente patogeni 1 e 4. In considerazione della vasta diffusione nell'ambiente e nei cibi la maggior parte della popolazione ingerisce frequentemente Listerie senza alcun effetto. È probabile che la patogenicità, oltre che all'intervento di particolari sierotipi quale il 4b, sia legata a peculiari e ancora non ben chiarite modalità di interazione tra ambiente, batterio ed ospite.
Comunque gli episodi epidemici finora descritti hanno riguardato prevalentemente cibi pronti refrigerati e consumati senza preventiva cottura o riscaldamento: latte, formaggi a pasta molle, paté etc.
II microorganismo è in grado di infettare tutti i mammiferi. La trasmissione avviene per via oro-fecale e attraverso alimenti e bevande contaminati freschi (le cisti non sopravvivono alla cottura). Il principale fattore di rischio è rappresentato dall'acqua potabile. Nel 65-97% delle acque di superficie (fiumi, laghi) sono presenti oocisti di: Cryptosporidium resistenti ai trattamenti chimici di potabilizzazione. La rimozione fisica del parassita dall'acqua attraverso la filtrazione non ne garantisce la completa sterilità: nel 27-54% delle acque potabili valutate in uno studio statunitense erano presenti piccole quantità di cisti. È teoricamente possibile quindi una contaminazione a bassa carica diffusa con l'acqua potabile e a tutt'oggi non è definito il possibile livello di rischio. Nei due episodi descritti negli U.S.A. (uno dei quali nel 1993 a Milwaukee ha interessato 403.000 persone, con 4.400 ricoveri ospedalieri) l'acqua potabile rispettava tutti gli standards qualitativi imposti dalla legge facendo quindi supporre una contaminazione a bassa carica e probabilmente intermittente. Nell'episodio di Milwaukee le oocisti furono ritrovate nei cubetti di ghiaccio prodotti nel periodo dell'epidemia.
La diagnosi di tossinfezione alimentare appare ovvia lo ci si trovi di fronte all'insorgere contemporaneo di una sintomatologia prevalentemente gastroenterica in un gruppo di soggetti che abbiano consumato lo stesso cibo negli ultimi 2-3 giorni. La medesima diagnosi diviene ardua e dubitativa di fronte a dei casi sporadici. In questi frangenti l'unico indizio potenzialmente significativo emerso in un recente studio è l'insorgere isolato ed improvviso, in pieno benessere, di sintomi quali dolore addominale acuto e diarrea in un paziente che abbia pranzato fuori casa nella settimana precedente. Il sospetto da parte del paziente di essere vittima di una tossinfezione alimentare (riferito nel 10% delle visite per enterite) non è risultato di alcun valore diagnostico. Il rilievo di un secondo caso nel nucleo familiare a distanza di 24-36 ore dal primo, orienta piuttosto verso una patologia a trasmissione interumana (i.e. enterite virale).
In presenza di un episodio tossinfettivo la diagnosi eziologica non può evidentemente poggiare sulle indagini di laboratorio, almeno nell'immediato: i tempi tecnici necessari per un esame colturale delle feci sono tali che il risultato probabilmente giungerà quando l'epidemia sarà arginata o volgerà al termine.
In base al quadro clinico possiamo distinguere
sindromi caratterizzate da diarrea e vomito: relativamente precoci (entro 6 ore dall'ingestione), sono causate probabilmente dalle tossine di Staphylococcus aureus e bacillus cereus. La febbre solitamente è modesta, mentre il tasso di attacco tra i soggetti che hanno consumato il cibo contaminato è elevato. Queste forme sono relativamente benigne e si risolvono spontaneamente nell'arco di breve tempo necessitando eventualmente di terapia di supporto.
sindromi caratterizzate da diarrea non infiammatoria: rispetto alle precedenti l'intervallo prima della comparsa diarrea acquosa è più prolungato e sono spesso presenti febbre non elevata e dolore addominale. Gli agenti responsabili sono prevalentemente il Clostridium perfrigens, il Bacillus cereus enterotossico ed i virus. Il decorso è di circa 48 ore.
sindromi caratterizzate da diarrea infiammatoria: compaiono tutti i principali agenti responsabili di diarrea muco-ematica (Salmonella, Campylobacter, Yersinia, Coli enteroinvasivo). L'intervallo libero è spesso di 1-2 giorni, la febbre elevata, il decorso prolungato (1 settimana ed oltre). I pazienti con un'imperfetta risposta immunitaria richiedono un trattamento antibiotico.
sindromi neurologiche: soprattutto il Clostridium botulinum, che provoca a distanza di 12-36 ore dall'ingestione una paralisi simmetrica discendente raramente preceduta da sintomi gastroenterici. È indispensabile il trattamento con l'antitossina specifica.
Gli elementi sopradescritti forniscono al medico un primo orientamento diagnostico. Altri dati utili possono provenire dall'anamnesi alimentare, quando viene scoperto il consumo di un cibo potenzialmente a rischio di contaminazione da parte di un determinato batterio (i.e. uova crude per la Salmonella). Nell'era della globalizzazione dei mercati la localizzazione geografica di un determinato tipo di infezione inizia invece a perdere di valore.
Le tossinfezioni alimentari nei soggetti peraltro sani ed immunocompetenti sono generalmente autolimitanti e non richiedono particolari trattamenti. Nei bambini al sotto dell'anno, negli immunodepressi, nei cardiopatici e comunque in presenza di segni di tossicosi sistemica (febbre elevata, stato settico, netta alterazione degli indici di flogosi) è opportuna una terapia antibiotica a largo spettro (i.e. cefalosporine di III generazione) in attesa delle risposte del laboratorio. Il medico non deve dimenticare, al solo sospetto clinico di tossinfezione alimentare, di denunciare rapidamente il caso alle autorità sanitarie competenti: solo in questo modo sarà possibile evidenziare i focolai tossinfettivi e identificare (e possibilmente eliminare) la sorgente di infezione. Peraltro le denunce effettuate rappresentano solo la minor parte dei casi di tossinfezione alimentare realmente verificatesi. Allo scopo di migliorare il livello di sorveglianza (intesa come la continua e sistematica raccolta, catalogazione e analisi di dati e la pronta diffusione dei risultati ai soggetti in grado di intraprendere un'azione appropriata) negli Stati Uniti è nato nel 1994 il Foodborne Diseases Active Surveillance Network (FoodNet) che agisce contattando periodicamente (ogni 7-30 giorni) una rete di laboratori di analisi per raccogliere i nuovi casi. L'impiego di particolari algoritmi può consentire di evidenziare l'emergere di particolari sierotipi in rapporto all' andamento dei mesi ed anni precedenti. In Italia un sistema di sorveglianza attiva delle tossinfezioni alimentari è stato predisposto nella regione Emilia Romagna. Il tasso di notifica per 100.000 abitanti per la salmonellosi è stato nel 1992 del 66,8%, contro ad esempio il 23,04% nel 1997 della regione Piemonte, che adotta un sistema di sorveglianza passiva. Un importante strumento per evidenziare più rapidamente dei focolai tossinfettivi è rappresentato dalle tecniche di subtipizzazione molecolare («DNA fingerprinting») quali l'elettroforesi pulsata a campo inverso. Queste tecniche consentono di creare un profilo molecolare di un batterio isolato da un paziente e di confrontarlo con quello di batteri isolati da altri pazienti o da cibi sospetti. La metodica è particolarmente utile per ricondurre alla medesima origine dei casi sporadici di tossinfezione, verificatisi magari in luoghi e tempi diversi: questo dato indirizzerà le autorità sanitarie a effettuare le opportune indagini epidemiologiche per evidenziare (ed eliminare) la sorgente infettante, costituendo inoltre un valido supporto per decisioni quali il ritiro di un prodotto alimentare sospetto largamente diffuso su scala nazionale. I progressi in termini di epidemiologia e tecniche di laboratorio non devono comunque far dimenticare il ruolo centrale del medico: le raffinate indagini sopra descritte partono solamente dopo la segnalazione di un episodio di tossinfezione alimentare sospettato sul piano clinico.
Elementi di prevenzione
II problema della sicurezza degli alimenti ha un notevole impatto nei confronti dell'opinione pubblica. Negli U.S.A. il presidente Clinton nel 1997 ha chiesto al Congresso di stanziare 43 milioni di dollari per migliorare questo aspetto della salute pubblica.
Un'efficace prevenzione deve riguardare tutti gli anelli della catena alimentare, comprendendo la coltivazione e l'allevamento, il raccolto e il macello, la conservazione dei prodotti, il trasporto verso gli stabilimenti alimentari o i punti di vendita, le lavorazioni alimentari, la distribuzione al dettaglio fino alla conservazione e confezione a domicilio. Queste fasi vanno controllate avvalendosi dei principi su cui è basato il sistema di analisi dei rischi e di controllo dei punti critici H.A.C.C.P. (Hazard Analysis and Critical Control Point), universalmente accettato e recepito recentemente dalla normativa italiana (decreto n. 155 del 26/5/1997: attuazione delle direttive 93/431 CEE e 96/3/CEE concernenti l'igiene dei prodotti alimentari). Tutti i soggetti che esercitino una attività ai vari livelli della catena alimentare devono garantire il controllo igienico attraverso:
- l'analisi dei potenziali rischi per gli alimenti;
- l'individuazione dei punti in cui possono verificarsi dei rischi per gli alimenti;
- la decisione da adottare riguardo ai punti critici individuati;
- l'individuazione e l'applicazione di procedure di controllo e sorveglianza dei punti critici;
- il riesame periodico, e in occasione di variazioni di ogni processo e della tipologia d'attività, di tutti i punti precedenti.
Negli Stati Uniti la rigida applicazione di questi concetti ha consentito, con un programma adeguatamente finanziato, di ridurre significativamente nell'arco di 4 anni (1989-1993) l'incidenza delle Listeriosi. Peraltro, è praticamente impossibile ottenere un cibo «sterile»: la Listeria continua ad essere ritrovata in un gran numero di alimenti che vengono eliminati (per un valore di milioni di dollari) in osservanza di una politica di «zero tolerance» di cui molti chiedono la revisione in ragione della mancata documentazione della possibile patogenicità per l'uomo di bassi livelli di contaminazione (< IO2 CPU/g) . Analogo discorso per le infezioni da Salmonella: allo stato attuale dell'arte non è possibile eradicare questo batterio dagli allevamenti di pollame ma solo contenerne la diffusione prevalentemente attraverso il controllo dei vettori (roditori) e la rigorosa pulizia degli ambienti. Le uova possono infettarsi per contaminazione esterna, potenzialmente prevenibile, o per via transovarica. In quest'ultimo caso la carica infettante appare bassa e stabile per circa 3 settimane, per cui un buon livello di sicurezza (ma non la sterilità) può essere raggiunto con la refrigerazione ed il consumo in tempi brevi.
L'obiettivo di un cibo assolutamente sicuro passa attraverso la sua sanificazione con procedimenti fisici come la pastorizzazione o chimici, quali il lavaggio delle carcasse animali con soluzioni di acido lattico. L'irradiazione con 3 kGy di raggi gamma potrebbe rappresentare il metodo ideale: economico ed efficace, è ritenuto sicuro da molte organizzazioni quali la World Health Association e l'American Medical Association. Peraltro i consumatori non accettano di buon grado questa procedura: inoltre, come sottolineato dalla British Medical Association, esiste il concreto pericolo che l'irradiazione consenta di coprire gravi carenze nelle precedenti fasi di produzione, conservazione e preparazione del cibo, «sanificando» prodotti scadenti sotto il profilo igienico ed organolettico.
Sostanziali miglioramenti nella prevenzione delle tossinfezioni alimentari potranno essere raggiunti con l'effettuazione di periodici corsi di formazione igienico-sanitaria per il personale addetto alla preparazione degli alimenti, ma soprattutto con un'educazione permanente dei consumatori al rispetto delle più elementari norme di confezione e conservazione del cibo.
Scegliere alimenti trattati per la conservazione
Cuocere completamente gli alimenti
Mangiare immediatamente i cibi cotti
Conservare i cibi cotti attentamente
Riscaldare completamente gli alimenti già cotti
Evitare il contatto tra alimenti crudi e cotti
Lavarsi le mani ripetutamente
Tenere ogni superficie della cucina meticolosamente pulita
Proteggere i cibi dagli insetti, roditori ed altri animali
Utilizzare acqua sicura