La malattia di Alzheimer, una degenerazione progressiva del tessuto cerebrale che compromette la vita sociale ed affettiva della persona che ne è colpita, interessa nel mondo circa 29 milioni di persone, 600.000 in Italia.
Al suo esordio la malattia, che aumenta di frequenza dopo i 65 anni di età, spesso non viene riconosciuta e i sintomi iniziali (modificazioni del carattere, perdita di interesse e di iniziativa, vuoti di memoria) sono comunemente attribuiti a invecchiamento, stress o depressione.
La persona interessata continua comunque a svolgere la maggior parte delle attività quotidiane per un lungo periodo di tempo dall’esordio della malattia, ma progressivamente si rende conto di non riuscirci più da sola e quindi di dovere dipendere da altri. In questo contesto interviene una serie di fattori a compromettere la sua capacità di alimentarsi in modo equilibrato e corretto. In primo luogo i disturbi della memoria: può non ricordare di dovere mangiare o di avere già mangiato e quindi le accade di rimettersi a tavola a breve distanza dal pasto precedente; la difficoltà nell’eseguire gesti abituali può provocare un concreto disagio nel preparare e cucinare i cibi e anche nel nutrirsi: la persona ammalata non sa più utilizzare le posate, non riesce a portare nella giusta misura e con la velocità appropriata il cibo dal piatto alla bocca.
I disturbi cognitivi e affettivi (come la depressione) possono rendere la situazione ancora più confusa e incerta: la persona ammalata di Alzheimer vive il presente in uno stato di disorientamento e percepisce in modo distaccato il passato; ha difficoltà nel riconoscere i cibi e persino nell’individuarne la commestibilità.
Possono subentrarle alterazioni del gusto e dell’olfatto e la compromissione del centro della fame e della sazietà: può rifiutare il cibo a denti serrati o accettare esclusivamente dolci. Il bisogno di assistenza aumenta man mano che si aggrava la perdita anche di autonomia alimentare.
La persona ammalata di Alzheimer può assumere due diversi atteggiamenti nei confronti del cibo: mangiare molto più del necessario; oppure, alimentarsi in modo insufficiente.
Nel primo caso mangia troppo, con avidità, senza rispettare l’ordine dei piatti (primo, secondo, eccetera) e a volte ingurgita cibo tagliato o cotto in modo incompleto, rischiando anche di soffocare. Può assumere alimenti troppo freddi o troppo caldi o anche sostanze non commestibili correndo il rischio dell’intossicazione se non addirittura dell’avvelenamento. La conseguenza più frequente è un aumento eccessivo di peso, fino all’obesità.
Può essere utile allora: ricorrere a spuntini non troppo calorici (come verdure crude, frutta, yogurt, grissini, cracker, succhi di frutta); limitare le porzioni di cibo nel piatto; non tenere cibo in vista.
Nel secondo caso la persona non si alimenta a sufficienza, con evidente rapido dimagrimento e/o stato di malnutrizione.
Può essere utile: controllare sempre la quantità di cibo che ha effettivamente consumato;introdurre cibi con molte calorie (come formaggio grana,burro, olio, miele).
Se si osserva un considerevole aumento di peso o un dimagrimento superiore ai 3 chili in 3 mesi, è opportuno consultare il medico curante per valutare la necessità di un intervento specialistico.
L’alimentazione è una parte importante della vita di una persona che soffre della malattia di Alzheimer. È buona norma seguire una dieta equilibrata che contenga carboidrati, proteine, grassi, vitamine, sali minerali e fibra per soddisfare tutti i fabbisogni nutrizionali; è fondamentale assumere una corretta quantità di liquidi.
Se non coesistono altre malattie, come il diabete che richiede una dieta specifica, si può variare liberamente il
menù quotidiano, tenendo conto dei gusti e delle preferenze della persona.
Una guida alla corretta scelta degli alimenti è rappresentata dalla piramide alimentare, simbolo di sana ed equilibrata alimentazione.
Al suo esordio la malattia, che aumenta di frequenza dopo i 65 anni di età, spesso non viene riconosciuta e i sintomi iniziali (modificazioni del carattere, perdita di interesse e di iniziativa, vuoti di memoria) sono comunemente attribuiti a invecchiamento, stress o depressione.
La persona interessata continua comunque a svolgere la maggior parte delle attività quotidiane per un lungo periodo di tempo dall’esordio della malattia, ma progressivamente si rende conto di non riuscirci più da sola e quindi di dovere dipendere da altri. In questo contesto interviene una serie di fattori a compromettere la sua capacità di alimentarsi in modo equilibrato e corretto. In primo luogo i disturbi della memoria: può non ricordare di dovere mangiare o di avere già mangiato e quindi le accade di rimettersi a tavola a breve distanza dal pasto precedente; la difficoltà nell’eseguire gesti abituali può provocare un concreto disagio nel preparare e cucinare i cibi e anche nel nutrirsi: la persona ammalata non sa più utilizzare le posate, non riesce a portare nella giusta misura e con la velocità appropriata il cibo dal piatto alla bocca.
I disturbi cognitivi e affettivi (come la depressione) possono rendere la situazione ancora più confusa e incerta: la persona ammalata di Alzheimer vive il presente in uno stato di disorientamento e percepisce in modo distaccato il passato; ha difficoltà nel riconoscere i cibi e persino nell’individuarne la commestibilità.
Possono subentrarle alterazioni del gusto e dell’olfatto e la compromissione del centro della fame e della sazietà: può rifiutare il cibo a denti serrati o accettare esclusivamente dolci. Il bisogno di assistenza aumenta man mano che si aggrava la perdita anche di autonomia alimentare.
La persona ammalata di Alzheimer può assumere due diversi atteggiamenti nei confronti del cibo: mangiare molto più del necessario; oppure, alimentarsi in modo insufficiente.
Nel primo caso mangia troppo, con avidità, senza rispettare l’ordine dei piatti (primo, secondo, eccetera) e a volte ingurgita cibo tagliato o cotto in modo incompleto, rischiando anche di soffocare. Può assumere alimenti troppo freddi o troppo caldi o anche sostanze non commestibili correndo il rischio dell’intossicazione se non addirittura dell’avvelenamento. La conseguenza più frequente è un aumento eccessivo di peso, fino all’obesità.
Può essere utile allora: ricorrere a spuntini non troppo calorici (come verdure crude, frutta, yogurt, grissini, cracker, succhi di frutta); limitare le porzioni di cibo nel piatto; non tenere cibo in vista.
Nel secondo caso la persona non si alimenta a sufficienza, con evidente rapido dimagrimento e/o stato di malnutrizione.
Può essere utile: controllare sempre la quantità di cibo che ha effettivamente consumato;introdurre cibi con molte calorie (come formaggio grana,burro, olio, miele).
Se si osserva un considerevole aumento di peso o un dimagrimento superiore ai 3 chili in 3 mesi, è opportuno consultare il medico curante per valutare la necessità di un intervento specialistico.
L’alimentazione è una parte importante della vita di una persona che soffre della malattia di Alzheimer. È buona norma seguire una dieta equilibrata che contenga carboidrati, proteine, grassi, vitamine, sali minerali e fibra per soddisfare tutti i fabbisogni nutrizionali; è fondamentale assumere una corretta quantità di liquidi.
Se non coesistono altre malattie, come il diabete che richiede una dieta specifica, si può variare liberamente il
menù quotidiano, tenendo conto dei gusti e delle preferenze della persona.
Una guida alla corretta scelta degli alimenti è rappresentata dalla piramide alimentare, simbolo di sana ed equilibrata alimentazione.