Alimentazione & Benessere ​Dott. Ignazio Madonia
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Glomerulonefrite e Alimentazione

19/1/2014

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Che cos'è la glomerulonefrite?

È una malattia infiammatoria autoimmune che colpisce i glomeruli renali. Se non curata, può portare alla distruzione di queste strutture, con conseguente blocco della funzione renale. Quando il processo patologico interessa l'intero organo (da entrambi i lati), si parla di glomerulonefrite diffusa.

Esistono diverse forme di glomerulonefrite?

Si distinguono le glomerulonefriti primitive e quelle secondarie. Le primitive sono le glomerulonefriti postinfettive, quelle da farmaci, da anomalie ereditarie (come la sindrome di Alport e la malattia di Fabry) e quelle idiopatiche. Le glomerulonefriti secondarie sono quelle che possono verificarsi in corso di malattie infettive, quelle secondarie a neoplasie e ad accumulo di proteine (come nel diabete), quelle su base tossica. Inoltre si può distinguere una glomerulonefrite acuta, che può durare da pochi giorni a un anno, e una forma cronica, che si protrae più a lungo. È noto anche uno stadio intermedio, conosciuto come glomerulonefrite subacuta.

Perché si dice che la glomerulonefrite è una malattia da immunocomplessi?

Perché, in generale, consegue alla deposizione, nello spessore della membrana di filtrazione glomerulare, di complessi antigene-anticorpo circolanti. In alcune forme (rare e gravi) si depositano anticorpi specifici contro gli antigeni della membrana basale glomerulare.

Esistono forme che non hanno patogenesi immunologica?

Sì, le glomerulonefriti su base ereditaria e alcune forme secondarie.

Come si conferma la diagnosi di glomerulonefrite?

Ecografia renale e biopsia del tessuto renale sono i principali mezzi di indagine.

È una malattia molto frequente?

La glomerulonefrite era in passato abbastanza comune, soprattutto tra i bambini.
Ora lo è meno.

A quale età sono più frequenti i casi di glomerulonefrite acuta?

Il 70% dei casi si verifica prima dei ventun'anni.

Quali sono le cause della glomerulonefrite acuta?

La forma più frequente è quella postinfettiva, che compare di solito subito dopo un'infezione batterica, più spesso dopo un'infezione da streptococco, che è la causa più frequente di faringiti e tonsilliti.

Quali sono i suoi sintomi?

L'anamnesi del paziente può rivelare una precedente infezione acuta, come una forma grave di tonsillite. Nelle urine sono presenti sangue e albumina; vi può essere un aumento variabile della pressione arteriosa e dolorabilità della regione renale, edemi degli arti inferiori e periorbitari.

Qual è il normale decorso della glomerulonefrite acuta?

Di solito dura alcune settimane e quindi scompare spontaneamente. Si calcola che il 75-90% dei bambini colpiti da glomerulonefrite acuta guarisca senza conseguenti lesioni renali residue. Si tratta dunque di una forma patologica seria ma non particolarmente temibile.

Può essere fatale?

Sì, per l'insorgere di una grave crisi ipertensiva. È raro che ciò si verifichi nella forma postinfettiva.

È possibile evitare l'insorgenza della glomerulonefrite acuta postinfettiva?

Sì, rivolgendosi per tempo al medico per curare le infezioni acute delle prime vie respiratorie provocate da streptococco.

Che cos'è la nefrite interstiziale da farmaci?

Una forma di nefrite indotta da farmaci come alcuni antibiotici, i FANS, l'allopurinolo.
Vi sono forme acute causate da cimetidina e forme croniche dovute all'uso prolungato di alcuni analgesici.

Come si curano queste forme di nefrite?

È impiegata, in particolare per le forme croniche, la ciclosporina.

Quali altri farmaci possono essere impiegati per curare le glomerulonefriti?

A seconda dei casi si usano corticosteroidi, farmaci citostatici, interferone-alfa, anticoagulanti, antiaggreganti. Per allontanare gli immunocomplessi può essere utilizzata la plasmaferesi. Qualora sia necessario, si ricorre infine alla terapia dell'insufficienza renale.

Terapia

La scelta della terapia dipende ovviamente dalla patologia di cui la glomerulonefrite è conseguenza ed espressione. Ad esempio, la glomerulonefrite post-streptococcica viene trattata con antibiotici, come penicillina, amoxicillina ed eritromicina; in caso di glomerulonefriti associate a sindrome nefrosica i corticosteroidi ed i farmaci immunosopressori sembrano invece assicurare un discreto successo terapeutico.

Purtroppo, in alcuni casi, le cause d'origine del processo infiammatorio renale non sono conosciute, per cui in assenza di una terapia etiologica ben stabilita, si adottano norme di carattere generale:

Glomerulonefrite acuta:

·         Dieta iposodica ed ipoproteica

  • Riposo a letto inizialmente
  • Eventuale uso di anti-ipertensivi
Glomerulonefrite cronica:

·         Dieta ipoproteica (discussa), indicata se se persiste l'insufficienza renale o è particolarmente grave

·         Terapia antiipertensiva

·         Vitamina D

  • EPO
  • Statine
  • Attività fisica indicata
  • Eventuale uso di anti-ipertensivi
 

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Prurito diffuso: le cause più frequenti

13/3/2013

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Il prurito diffuso o il prurito in generale è uno dei segnali utilizzati dal corpo umano per indicare la presenza di un disturbo di uno squilibrio fisico. Il prurito diffuso su tutto il corpo, se non è riconducibile ad uno stato patologico, può essere dovuto alla secchezza della pelle. In questo caso può essere alleviato ricorrendo all’uso di detergenti non molto aggressivi e idratanti. In genere questo tipo di disturbo si distingue per il fatto che il fastidio aumenta di sera, configurandosi anche come prurito diffuso notturno, ed si presenta come prurito diffuso negli anziani.

Prurito diffuso: cause

Le cause del prurito diffuso possono essere molteplici e, quando non sono accompagnate da manifestazioni cutanee visibili, sono difficili da individuare. Il discorso vale anche per il prurito diffuso nel bambino. Il prurito comunque è un sintomo e non una malattia. A volte le cause del prurito possono essere ricondotte a patologie del metabolismo, come, ad esempio, l’ipertiroidismo o il diabete mellito. Ci può essere anche una correlazione fra prurito e malattie renali, come per esempio l’uremia.

Può succedere infatti che, in presenza di alcune determinate patologie, si verifichi la riduzione della capacità dei reni di filtrare in maniera adeguata il sangue. In questo modo i sali minerali, le tossine e le altre sostanze di scarto possono tornare in circolo nell’organismo, determinando irritazioni, che hanno come conseguenza il prurito.

Anche l’anemia può essere causa di una persistente sensazione di irritazione. L’insufficienza del ferro nell’organismo infatti provoca una difficoltà nella sintesi dell’emoglobina e quindi infiammazioni cutanee associate a prurito.

Prurito diffuso e fegato è un’altra correlazione frequente. In genere tutto ciò si verifica in corrispondenza di una concentrazione dei sali biliari che provoca irritazione e i sintomi del prurito diffuso. Sicuramente quando il prurito è insistente va indagato, per comprendere a fondo da che cosa derivi.

Prurito diffuso da stress

Esiste anche il prurito diffuso da stress. Si tratta di un segnale del nostro organismo usa per manifestare il proprio disagio. Bisogna infatti ricordare che, in una situazione di tensione emotiva, il corpo produce alcune sostanze che determinano una maggiore sensibilità delle fibre nervose, con una conseguente sensazione di prurito. Si tratta dello stesso meccanismo che lega prurito diffuso e ansia. Come rimedi del prurito diffuso in questo caso possono essere utili alcune tecniche di rilassamento, come lo yoga, la meditazione o le arti marziali. È bene evitare il fai da te nell’uso di eventuali di farmaci contro l’ansia, i quali devo essere presi solo sotto prescrizione medica.

Prurito diffuso in gravidanza

Il prurito diffuso in gravidanza è una sensazione piuttosto comune. Si manifesta soprattutto a carico dei seni, della zona addominale e delle estremità. Le modificazioni ormonali e corporee legate alla gravidanza possono scatenare la sensazione di prurito. Basti pensare ai livelli di estrogeni aumentati, all’incremento della ritenzione idrica e del volume dei tessuti.

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Allergia al Nichel quali alimenti evitare

4/11/2011

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Lo schema che segue indica in ordine alfabetico gli alimenti da evitare perché contengono nichel o potrebbero averne in parte.

Nel secondo gruppo sono indicati, sempre in ordine alfabetico, i cibi più comuni che possono costituire una valida alternativa nei giorni di astensione dal nichel.

Ricordiamo infine che è sempre bene iniziare il pasto con della frutta e/o verdura crude.

Cibi da evitare o di cui controllare la composizione

Aringhe
Asparagi
Avena
Biscotti
Brioches
Cacao
Caramelle
Cibi in scatola
Cioccolato
Cipolla (se usata solo per insaporire va bene)
Crackers
Crostini
Dadi da brodo (tutti, anche vegetali)
Fette biscottate
Focaccia
Fritti
Frutta secca
Funghi
Gelato industriale
Grano saraceno
Grassi cotti (con qualsiasi tipo di olio)
Grassi vegetali idrogenati
Grassi vegetali non idrogenati e cotti
Grissini
Kiwi
Lenticchie
Mais
Margarine
Marmellata (controllare l'etichetta per l'eventuale presenza di grassi)
Merendine industriali
Miglio
Olii/grassi idrogenati e non idrogenati
Ostriche
Pan carrè
Pane all'olio
Pane integrale
Pasticcini
Patatine fritte
Pera
Polenta
Pomodoro
Pop corn
Prugna
Rabarbaro
Snacks
Spinaci
Torte
Uva passa

Alternative suggerite

Dolci fatti con burro
Fette croccanti di farine varie (niente mais, avena, miglio e grano saraceno)
Fiocchi di cereali (niente mais, avena, miglio e grano saraceno)
Gallette di riso
Granite
Muesli (senza uvette né semi oleosi)
Olii di singolo seme usati a crudo
Olio extra vergine d'oliva usato a crudo
Pane non conditto
Sorbetti
Zabaione

Ed inoltre... Attenzione a questi prodotti!

Oltre a tutti gli oggetti in metallo, che gli intolleranti al Nichel conoscono piuttosto bene per esperienza diretta (ganci biancheria, chiusure lampo, bottoni metallici, bigiotteria...), ecco una lista di prodotti che spesso contengono nichel.

Amalgama per otturazioni odontoiatriche
Argento
Cosmetici contenenti avena
Oro bianco
Pentole di metallo
Protesi dentali o ortopediche
Smalto
Tinture per capelli

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Arriva l'estate, quale alimentazione ?

28/5/2011

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Prima di entrare in merito sui danni solari, è importante ribadire che il sole svolge numerose azioni benefiche per la salute, ad esempio stimola la produzione di vitamina D, indispensabile per fissare il calcio nelle ossa, ma anche di ormoni importanti per il benessere, sia fisico che psichico. Dall’altra parte però rappresenta anche uno stress per l’organismo, che si difende dai suoi raggi provocando <l’abbronzatura>. In effetti, per aumentare le difese nei confronti delle radiazioni, la pelle si abbronza grazie a un pigmento bruno, la melanina, prodotta dai melanociti, cellule presenti nel tessuto cutaneo. E più melanina c’è, più si diventa scuri.
Questa sorta di scudo naturale cambia a seconda dei criteri di esposizione ai raggi solari. Ad esempio, chi si espone nelle ore centrali della giornata avrà una colorazione rossastra più intensa, dovuta però non alla produzione di melanina, che è bruna, ma dall’ustione data del sole.
C’è anche da aggiungere che a prescindere dall’esposizione la produzione di melanina è geneticamente predeterminata. Chi ha una carnagione molto chiara avrà sempre un risultato diverso rispetto a chi è olivastro.

Esistono i cibi abbronzanti?

Da anni alle carote vengono attribuite capacità abbronzanti, ma è proprio così? Sì e no. È vero che il forte consumo di carote o altri vegetali ricchi di vitamina A o di betacarotene, fa depositare a livello della cute alcuni pigmenti colorati. Questo dona un giallino chiaro alla pelle che sovrapponendosi alla melanina intensifica il colore dell’abbronzatura. Si tratta quindi di un effetto cromatico, seppur piacevole. Ma il ruolo che l’alimentazione ricopre per proteggere e favorire l’integrità degli strati sia superficiali che profondi della epidermide è senz’altro molto più importante.

La A è al primo posto

Si comincia con la vitamina A, la più importante per la salute e la bellezza della pelle. Questa vitamina favorisce la sintesi di tutti i mucopolisaccaridi presenti a livello di cute e sottocute. Ed è proprio da queste molecole del tessuto connettivo che dipendono l’elasticità e l’idratazione della pelle, nonché il ritardo nella formazione delle rughe. Si ricordi, infatti, che i raggi solari seccano la cute e tendono a distruggere la componente fibrosa del connettivo: la presenza della A favorisce la moltiplicazione cellulare delle cellule deputate alla produzione di queste fibre e quindi svolge una funzione di protezione. Inoltre, in questi anni sempre più si pone l’accento sul fatto che una prolungata esposizione solare aumenta lo stress ossidativo, ossia la produzione di radicali liberi, sostanze tossiche che accelerano l’invecchiamento delle cellule e, quindi, anche della pelle. Per neutralizzare l’azione di questi composti tossici è indispensabile assumere con la dieta tutti i giorni le ormai note sostanze cosiddette antiossidanti: oltre alla A anche le vitamine C, E ed i minerali quali selenio e zinco.

Tra l’altro uno dei compiti principali della vitamina C è la produzione di collagene, proteina presente nella pelle, capelli, unghie ma anche costituente delle strutture di contenimento quali il tessuto connettivo, le cartilagini, i tendini e così via. Per soddisfare il fabbisogno di questi preziosi alleati della salute, è sufficiente ricordarsi la regola delle famose cinque porzioni di frutta e verdura al giorno, all’interno di un’alimentazione variata ed equilibrata.

No a diete drastiche

L’esposizione solare, anche se provoca i suoi effetti principali sull’epidermide, certamente influisce anche sulla bellezza di capelli e unghie, specie se si passano le vacanze al mare. Va però tenuto presente che diete povere di nutrienti o eccessivamente ipocaloriche – dovute a un’eccessiva fretta di perdere peso prima della partenza - possono influire decisamente sulla salute di pelle e annessi cutanei. Una cute secca e squamosa, capelli e unghie sottili, fragili, possono segnalare decise carenze proteiche già dopo pochi giorni dall’inizio di una dieta troppo rigida. In particolare è nocivo il ridotto apporto degli amminoacidi solforati (costituenti delle proteine) come cisteina e metionina, minerali (zinco, rame, selenio e ferro) e vitamine del gruppo B come la biotina. Una carenza di quest’ultima, chiamata anche vitamina H, facilita inoltre la caduta dei capelli. Una curiosità: l’avidina, una sostanza presente nell’albume crudo, ne impedisce l’assorbimento.

Cosa bere e cosa mangiare

Ma oltre a una dieta corretta, è importante ricordarsi che la pelle si idrata dall’interno, non dall’esterno. Ed è l’acqua il migliore prodotto per combattere la secchezza e mantenere una bella pelle elastica.
In conclusione, per fortuna assicurarsi tutti gli elementi citati non è difficile. Una prima colazione a base di yogurt, pane integrale e frutta, un pranzo leggero a base di cereali e verdure con poche proteine (legumi, un uovo, un po’ di ricotta) e una cena a base di pesce e verdure, soddisfa i fabbisogni necessari. Ancora meglio se si sceglie sempre la frutta come spuntino e se come condimento si utilizza l’olio extravergine di oliva. Insomma, una dieta naturalmente mediterranea, da godersi in riva al Mediterraneo.

Nutrire la pelle in estate

Per aiutare le difese naturali di pelle (ma anche di capelli e unghie) contro “lo stress da sole” ecco i micronutrienti da non fare mai mancare e le loro principali fonti naturali.

Vitamina A e carotenoidi.Mentre la vitamina A è contenuta negli alimenti di origine animale (latte, formaggi), i carotenoidi, che in caso di bisogno l’organismo trasforma in vitamina A, sono contenuti nei vegetali. La vit. A svolge un’azione benefica nei confronti di epidermide e mucose (un segno di carenza: è una pelle secca e rugosa); i carotenoidi, che donano il colore giallo, rosso, arancio a ortaggi e frutta, svolgono un’azione prevalentemente antiossidante.
Si trova in:  Albicocche, anguria, asparagi, broccoli, carote, loti, cavolo, indivia, lattuga, melone, peperoni rossi, pomodori, spinaci, zucca.

Vitamina C. Partecipa alla formazione del collagene, il tessuto di sostegno dell’epidermide, alla quale garantisce l’elasticità; ha un ruolo antiossidante combattendo la formazione di svariati tipi di radicali.
Dove si trova. Agrumi, broccoli, cavoli, fragole, kiwi, lamponi, mango, papaia, peperoni, pomodori, ribes nero, spinaci.

Vitamina E. Sembra particolarmente efficace nella protezione della pelle dai danni provocati dai raggi solari, tanto che spesso viene aggiunta a creme solari e preparati cosmetici.
Si trova: prevalentemente negli oli vegetali (girasole, mais, oliva) ma anche in avocado, mandorle, noci, nocciole, pistacchi.

Selenio. È un oligolemento indispensabile per la formazione di un enzima (glutatione-perossidasi) che ha un’azione antiossidante generale. Il selenio agisce in sinergia con la vitamina E. 
Si trova: fonti vegetali- aglio, broccoli, cavolo, cetrioli, cereali (specie se integrali), cipolle, funghi, sedano. Fonti animali - carne (agnello, anatra, maiale, pollo), formaggi stagionati, pesce (crostacei, frutti di mare, sardine, tonno), tuorlo d’uovo.

Zinco. Questo oligoelemento svolge una funzione benefica nei confronti dell’integrità della cute (le cui cellule si rinnovano continuamente) proteggendola dai radicali liberi. Inoltre partecipa alla costituzione del collagene.
Si trova: fonti vegetali- tutti i cereali e i legumi, frutta oleosa. Tra gli ortaggi: carote, cavolo verde, sedano, spinaci. Fonti animali - carne e pesce in generale (acciughe, polipo, seppie, ostriche).

Biotina. Fonti animali: fegato di vitello, latte, tuorlo d’uovo. Fonti vegetali: soia, semi oleosi, lievito di birra, cereali integrali.

Cisteina. Fonti animali: carne, latte e derivati, uova. Fonti vegetali: cereali.

Metionina. Solo fonti animali: carne, pesce, latte, uova.

Rame. Fonti animali: cozze, ostriche, salmone, miele. Fonti vegetali: semi oleosi (anacardi, arachidi, noci), germe di grano, lenticchie, avena e orzo, funghi.



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Dieta e calcoli renali

15/11/2010

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Il ruolo della dieta nella comparsa dei calcoli renali non è ancora stato pienamente chiarito. Quel che è certo è che nessun tipo di calcolosi può essere ricondotto unicamente ad un'alimentazione scorretta. Il più delle volte alla base del problema esiste infatti una predisposizione di origine genetica. Per questo motivo non può esistere una dieta precisa ed universale per evitare che si formino i calcoli. Un'unica raccomandazione trova un consenso unanime da parte di medici e ricercatori: per evitare la formazione di calcoli renali è fondamentale mantenere idratato l'organismo assumendo le giuste quantità di liquidi con la dieta.
Oltre alla ridotta assunzione di liquidi alcune abitudini alimentari possono favorire la comparsa di calcoli renali in individui predisposti.

CARNE e CALCOLI RENALI: alcuni studi hanno dimostrato che una dieta ricca di carne conduce più frequentemente ad una calcolosi renale. A causa dell'eccessivo consumo di proteine l'urina diviene più acida ed aumenta la quota d'eliminazione di ossalati, calcio e acido urico, mentre si abbassa quella dei citrati (sostanze che impediscono la precipitazione di questi sali).

Nel caso vi sia una predisposizione a calcoli renali di origine calcica, mista (ossalico-calcica) e soprattutto urica (accumulo di acido urico) vanno limitati tutti quegli alimenti ricchi di purine come: acciughe, aringhe, sardine, crostacei, fegato, animelle, rognoni, cuore, selvaggina, oche e piccioni. Va invece incoraggiata l'assunzione di alcalinizzanti urinari come il citrato di potassio o il bicarbonato di sodio.
Essendo ricchi di metionina (un aminoacido precursore della cistina) i prodotti ricchi di proteine andrebbero limitati anche in presenza di calcoli renali di origine cistinica.

SALE e CALCOLI RENALI: una dieta ricca di sale aumenta l'escrezione urinaria di calcio favorendo la formazione dei calcoli renali. Per questo motivo e per evitare altre spiacevoli condizioni (ipertensione, sovrappeso, osteoporosi) si consiglia di non assumere più di 8 grammi di sale al giorno. In particolare è bene fare attenzione a snack e cibi confezionati in genere che sono fonti "nascoste" ma molto importanti di sodio.

CALCIO E CALCOLI RENALI: il ruolo del calcio nella formazione dei calcoli renali è stato da sempre oggetto di numerosi studi e ricerche. Oggi si è giunti alla conclusione che una dieta ricca di calcio non solo non predispone alla calcolosi delle vie urinarie ma la previene riducendo l'assorbimento di acido ossalico. Viene perciò raccomandato un apporto giornaliero di 1200 mg di calcio di cui 800 mg forniti da latticini.

Un eccesso di ossalato si è invece dimostrato particolarmente dannoso in quanto fattore predisponente alla formazione di calcoli (specie se accompagnato ad un ridotto consumo di liquidi). L'ossalato è ubiquitario (si trova un po' dappertutto), ma alcuni alimenti ne sono particolarmente ricchi:  cioccolata, nocciole,  coca cola e  bevande gassate in genere, succhi di frutta, the,cavoli, piselli, asparagi, spinaci, rabarbaro
Bisogna comunque sottolineare che in caso di iperproduzione fisiologia di ossalato, ridurre il consumo di questi alimenti previene sì i calcoli renali, ma lo fa soltanto in maniera marginale. Ciò che conta, ancora una volta, non è tanto l'introduzione complessiva di ossalati quanto la relativa quantità di liquidi presenti nella dieta.

DOLCI E CALCOLI RENALI: un consumo smisurato di zuccheri con la dieta, aumenta l'eliminazione di calcio nell'urina e, di conseguenza, il rischio che si formino dei calcoli. Inoltre alcuni ingredienti tipici dei dolci (cacao) sono particolarmente ricchi di ossalato.

FIBRE E CALCOLI RENALI: in presenza di calcolosi delle vie urinarie è consigliata una dieta ricca di scorie in quanto l'acido fitico contenuto negli alimenti di origine vegetale (verdura, frutta e cereali integrali) si lega con il calcio formando composti insolubili e non assorbibili. Frutta e verdura aumentano inoltre l'eliminazione di citrati, sostanze molto efficaci nell'impedire la formazione dei calcoli. Per questo motivo il succo di limone, che contiene circa il 5-7% di acido citrico, è l'alimento ideale per chi soffre di calcoli renali.

POTASSIO E CALCOLI RENALI: secondo alcuni Autori gli alimenti ricchi di  potassio (fagioli, albicocche, piselli, patate, aglio e frutta secca) ridurrebbero l'escrezione urinaria di calcio senza interferire con l'assorbimento intestinale dello ione.

VITAMINA D E CALCOLI RENALI: un eccesso di vitamina D nella dieta, peraltro difficilmente realizzabile con la sola alimentazione, favorisce l'assorbimento intestinale di calcio causando ipercalcemia (eccesso di calcio nel sangue) e ipercalciuria (eccesso di calcio nelle urine). Tale evenienza potrebbe verificarsi in un paziente che assume regolarmente integratori di calcio e vitamina D per combattere o prevenire l'osteoporosi.

VITAMINA C E CALCOLI RENALI: anche un eccesso di vitamina C nella dieta favorirebbe la sintesi di calcoli renali a causa dell'aumentata produzione di ossalati. Si tratta anche in questo caso di un'ipotesi difficilmente realizzabili date le enormi quantità di vitamina C necessarie (10 g). Tali livelli sono praticamente irraggiungibili con la normale alimentazione (anche se integrata da multivitaminci).

ACQUA, CALCIO E CALCOLI RENALI: più che la qualità è importante valutare la quantità di acqua e più in generale di liquidi assunti con la dieta (brodo, tisane, succhi di frutta, etc). Le persone predisposte ai calcoli renali dovrebbero pertanto sforzarsi di bere abbondantemente e ripetutamente nel corso della giornata (almeno 2 litri di acqua). In caso di predisposizione individuale o per prevenire future recidive tale quota va aumentata fino a 3 litri (IDROPINOTERAPIA).

In generale più che la quantità complessiva di liquidi è importante adattare l'apporto idrico alla situazione ambientale. Il controllo visivo dell'urinazione è un esame molto semplice che il paziente può effettuare per controllare il proprio stato di idratazione. In particolare le urine non devono mai apparire troppo scure o concentrate, dato che tale caratteristica aumenterebbe il rischio di formare calcoli renali.
Per allontanare il rischio di calcolosi delle vie urinarie è molto importante che la quantità di liquidi venga suddivisa equamente nell'arco della giornata, bevendo un po' d'acqua anche prima di coricarsi. Vanno invece evitate alcune bevande come il tè concentrato (ricco di ossalati), coca-cola (molto acida) ed alcolici (innalzano i livelli d'escrezione dell'acido ossalico e dell'acido urico).
Nonostante alcuni studi abbiano dimostrato che anche le acque minerali ricche di calcio possono costituire un fattore protettivo, in presenza di calcolosi si consiglia l'utilizzo di acque minimamente mineralizzate che, in quanto povere di sali minerali, favoriscono la diuresi e facilitano l'espulsione di piccoli calcoli renali.

ALIMENTI CONSIGLIATI:

LIMONE: l'acido citrico in esso contenuto ha potere solvente sui calcoli renali facilitandone lo scioglimento ed impedendone la formazione

CIPOLLA: ha un potente effetto diuretico e favorisce l'eliminazione dell'acido urico

PREZZEMOLO: stimola l'appetito e la digestione, favorisce la diuresi eliminando piccoli calcoli renali

SEDANO: ha proprietà  diuretiche, con un'efficace azione drenante sul fegato e sulle vie respiratorie; è pertanto utile in caso di calcoli renali ed insufficienze epatiche

CARCIOFO, CAVOLO, MELA E ORTICA: aumentano l'escrezione di urina
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Caffè in gravidanza

14/11/2010

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Caffè in gravidanza con moderazione
Vi sono risultati contrastanti sull'effetto del caffè sullo sviluppo fetale anche perché in genere la gestante forte consumatrice di caffè è anche una fumatrice e, quindi, non è facile separare l'effetto dei due fattori; va anche rilevato come troppo spesso ci si fidi delle dichiarazioni delle donne sia circa le abitudini fumatorie sia nei confronti dei consumi di caffé. Presso il St. George's Hospital di Londra vera culla della Medicina Sociale inglese "al letto del malato" su più di 2.000 gestanti seguite nel corso della gravidanza si è provveduto a controllare le dichiarazioni sui consumi tabagici mediante determinazione della cotinina (un metabolita della nicotina nel plasma) ed a studiare sia l'attendibilità delle dichiarazioni sui consumi di caffè sia il metabolismo della caffeina attraverso periodiche determinazioni della quantità di caffeina nel plasma.

Intanto si è confermato che le fumatrici consumano un 50% di più di caffeina rispetto alle gestanti non fumatrici: tuttavia si ha una accelerazione del metabolismo della caffeina tale da determinare tassi di caffeina nel plasma più bassi. Tuttavia la quantità di caffeina consumata durante la gravidanza - quale derivante dalle dichiarazioni delle gestanti - è associata in senso negativo con il peso alla nascita, ma attenzione solo fra le fumatrici. Pertanto, sembra ragionevole consigliare alle donne che hanno smesso di fumare in gravidanza di ridurre l'apporto di caffeina (caffè ma anche tè).

Ma come agisce il caffè nel feto? forse bloccando i recettori dell'adenosina la caffeina interferisce con le normali risposte fisiologiche all'eccesso di carbossiemoglobina che si ha nel circolo materno e, quindi, accentuando gli effetti del fumo sull'uptake dell'Ossigeno, ma tale ipotesi non tiene conto del possibile effetto della nicotina (effetto presupposto sulla base di quanto avviene in analogia fra le gestanti che masticano tabacco).

Il sistema scandinavo di bollire il caffè come infuso (ma anche sistema turco) secondo ricerche olandesi di confronto con il caffè filtrato aumenta le aminotransferasi alaniniche le LDL a causa della presenza di deterpeni che passano nell'infuso (il caestol e il kahweol) di diretta derivazione dai semi; questo non si verifica con il caffè filtrato. Ora mentre il lieve aumento degli enzimi epatici potrebbe essere trascurabile quello del colesterolo dovrebbe indurre ad allargare anche al caffè la dieta mediterranea!

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Alimenti ricchi in ferro

14/11/2010

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Il ferro entra nella costituzione dell'emoglobina, della mioglobina e di diversi enzimi. Come tale svolge importanti funzioni, quali il trasporto di ossigeno ai tessuti, il trasferimento di elettroni nella catena respiratoria e l'attività di importanti sistemi enzimatici. Tra questi quelli della sintesi e degradazione delle amine piogene (tra i quali la dopamina e la serotonina). Il contenuto di ferro nell'organismo è di circa 3 - 4 g. Circa il 65% del ferro totale dell'organismo è presente nella molecola dell'emoglobina mentre il 10% è contenuto nella mioglobina.

L'organismo mantiene l'equilibrio del ferro attraverso:
a)La costituzione di un pool di riserva
b)La modulazione dell'assorbimento in funzione dei bisogni
c)Il recupero dal catabolismo degli eritrociti (i globuli rossi).


La quantità di ferro che introduciamo con la razione alimentare è sovente limitata cosicchè la maggior parte delle raccomandazioni nutrizionali insistono nel consigliare un aumento negli apporti di ferro. Il ferro entra nella costituzione di importanti strutture dell´organismo. Esso è attivamente legato al trasporto di ossigeno nel sangue, giacchè partecipa alla struttura di una proteina (l´emoglobina) che funge da veicolo per questa importante funzione. Il ferro è inoltre presente in molti enzimi, cioè in quelle sostanze proteiche che esercitano alcune attività vitali fondamentali.
La carenza degli apporti di ferro è stata messa in relazione con le situazioni di anemia che sovente si riscontrano nei bambini. Anche le donne in età fertile e gli anziani sono gruppi di popolazione facilmente "a rischio" per quanto riguarda il soddisfacimento delle esigenze di questo minerale. Il ferro è contenuto in una grande varietà di alimenti, ma in quantità molto piccole. In realtà solo la carne, e soprattutto la carne delle interiora (fegato, rene, cuore, etc) è una buona fonte di ferro. Molti alimenti di origine vegetale che sono una fonte abbastanza sostenuta di ferro sono sempre più marginali nelle nostre abitudini alimentari: legumi, frutta secca in guscio, vegetali a foglia (broccoli, spinaci, etc. ).
Varie preoccupazioni hanno condotto le autorità sanitarie a stendere, per il ferro, obiettivi di ingestione sovente superiori a quelli di sicurezza, onde evitare la diffusa sottovalutazione degli apporti di questo minerale e onde garantire, anche per i gruppi di popolazione più a rischio, il raggiungimento di livelli di apporto almeno sufficienti. Nel nostro Paese, la varietà delle abitudini alimentari è un elemento di relativa salvaguardia: altrove infatti, si ricorre spesso alle "fortificazioni" degli alimenti in ferro (cioè all'aggiunta artificiale di ferro nei prodotti alimentari) o all'impiego di integratori farmaceutici.

I Fabbisogno di Ferro

I fabbisogni quotidiani di ferro dipendono nel modo consueto dall´età e dal sesso, ma sono particolarmente elevati nell'infanzia e nelle donne in età fertile, giacchè le perdite mestruali devono essere prontamente reintegrate. Nei primi mesi di vita la riserva di ferro accumulata nel feto durante la gravidanza è sufficiente a compensare la relativa carenza di questo elemento nel latte materno prima ed in quello di vacca poi. Durante il primo svezzamento particolare cura deve essere posta nelle scelte di alimenti idonei a garantire un sufficiente apporto di ferro; per tale ragione i prodotti speciali (farine lattee, cereali formulati, latti adattati) sono opportunamente arricchiti in questo minerale. L´apporto di ferro deve inoltre essere attentamente considerato dalle adolescenti: in questa condizione i livelli raccomandati (18 milligrammi al giorno) possono essere raggiunti solo con un consumo idoneo di carne, pesce, uova, vegetali.

Bambini: nei primi mesi di vita, il neonato termina di utilizzare le riserve di ferro accumulate nell' utero. Il deficit comincia dopo il 6° mese di vita, quando la velocità di crescita va al massimo. Per evitare deficit si consiglia di allattare il bambino fino al 6 mese di vita, poiché il ferro del latte umano è altamente disponibile, ed introdurre nella dieta cibi ricchi di ferro come la carne e il pesce.

Adolescenti: situazione carenziali possono determinarsi durante l'adolescenza, quando il fabbisogno di ferro è particolarmente elevato in relazione all'accelerazione della crescita. Nelle ragazze l'inizio delle perdite ematiche con le mestruazioni concorre a rendere precario l'equilibrio marziale. Si raccomanda un' assunzione da 12 a 18 mg/die.

Gravidanza e allattamento: 18 mg/die.

RUOLO: trasporto dell´ossigeno, componente di molti enzimi.

CARENZA: la carenza di ferro è responsabile dell'anemia. Clinicamente l'anemia da carenza di ferro si presenta con astenia, pallore, tachipnea, affaticabilità nel lavoro. I sintomi dell'anemia possono anche essere causati da una carenza delle vitamine B6, B12, C e E.
E' più probabile che un'anemia da carenza di Ferro si manifesti nelle donne, specie durante la gravidanza.

ECCESSO: disfunzione epatica, pancreatica e cardiaca.

Un'intossicazione di tale elemento porta:
mal di testa;
depressione;
dispnea;
perdita di peso;
vertigini.
Poichè esso è un antagonista dello Zinco, integratori a base di ferro non possono essere somministrati senza un adeguato controllo dello Zinco.


ALIMENTI CHE LO CONTENGONO: carne, frattaglie, albicocche, alghe, asparagi, avena, banane, barbabietole, carciofi, carote, cavolo rosso e verde, cipolle, datteri, fagiolini, fagioli secchi, fave, fragole, frutta fresca e secca, germe di grano, girasole, insalata verde, kiwi, lattuga, lenticchie, lievito di birra, limoni, mandorle, melassa, mele, mirtilli, more, nocciole, olive verdi, pane integrale, pesche, pere, pinoli, piselli secchi, pomodoro, porri, prezzemolo, propoli, prugne, radicchio, rabarbaro, rape, ribes nero, sciroppo di canna e di sorgo, sedano, sesamo, soia (farina), spinaci, uva, uva passa.



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I sostituti della carne per dare proteine ai bambini

14/11/2010

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I bambini sono sempre in movimento: la scuola, il tempo libero, lo sport richiedono energia ed in ogni caso, per crescere bene, hanno bisogno di assumere tutte le proprietà nutritive in modo bilanciato. Tra queste un ruolo fondamentale lo giocano le proteine, particolarmente utili alla loro crescita: si calcola che in media un bambino in età scolare tra i 6 e gli 11 anni necessiti di circa 1 grammo e mezzo di proteine al giorno per ogni chilo di peso. Fatte le dovute proporzioni, è una quantità maggiore rispetto al fabbisogno dell’adulto.

Ma come si può coprire correttamente questo fabbisogno evitando di dare al bambino sempre e solo la carne? Ed è vero che un bimbo senza la carne non cresce bene?

Esistono numerose alternative a questo alimento che possono sostituire la bistecca variando il gusto e supportando al meglio la crescita.
Ad esempio i legumi uniti ai cereali con la pasta, integrano infatti il loro patrimonio di aminoacidi incrementando così il loro valore biologico. Questa associazione aumenta quindi il valore delle proteine alternative alla carne. Un unico accorgimento che va preso in caso di problemi di meteorismo è che i legumi vanno sempre lessati e passati in modo che restino senza la buccia, responsabile del gonfiore. Un’altra combinazione efficace è quella che consiste nell’unire il formaggio (perfetti sono il grana o il parmigiano reggiano) alla pasta oppure al pane. E’ importante sottolineare che, invece, vanno possibilmente evitati i formaggi troppo grassi come ad esempio il mascarpone.
Le uova racchiudono la migliore qualità di proteine in assoluto, e quindi vanno benissimo per la crescita sana dei bambini, ma non vanno date ai più piccini più di 2-3 volte la settimana.
Infine due parole sul pesce, un alimento sano ed assolutamente indicato purché gradito come sapore ai più piccoli. Sono consigliati la sogliola, il merluzzo ed in generale tutto il pesce azzurro, che è una fonte di proteine e di acidi grassi Omega 3, fondamentali per la salute del cuore e dell’apparato circolatorio e per un armonioso sviluppo muscolare. Bisogna cucinarli nel modo più naturale possibile: alla griglia senza troppi condimenti, al vapore o in forno al cartoccio.

Allergia alla carne, questi i sintomi

Al di là del fatto che far mangiare carne ai bambini tutti i giorni non serve ed anzi, può contribuire all’accumulo di scorie nocive, esistono casi in cui i più piccini manifestano i sintomi di una vera e propria allergia alla carne bovina. Le statistiche confermano che oggi questo disturbo colpirebbe un bambino su 300 già nei primi anni di vita, e spesso si accompagna all’allergia al latte vaccino. A causare l’allergia alla carne è una proteina, la sieroalbumina, che quando viene ingerita provoca rapidamente delle reazioni visibili e caratteristiche: eczema, mal di pancia, nausea, cefalea, gonfiore alle labbra.
Eliminare la carne totalmente non serve: la cura consiste nel somministrarla al piccolo in quantità minime, sotto forma di bocconcini bolliti almeno per mezz’ora. Oppure si può sostituire la carne bovina con quelle di pollo, tacchino, coniglio, cavallo o con le fonti di proteine alternative: legumi, pesce, latti vegetali. A questo proposito si può dire che un bimbo tra 6 ed 11 anni dovrebbe assumere circa 250 calorie al giorno sotto forma di latte e derivati, a meno che non sia intollerante al lattosio contenuto in questi alimenti. Se il latte vaccino crea problemi, si può optare per i latti vegetali: di riso, di avena, di mandorle, che sono ugualmente proteici e gustosi e vengono trasformati anche in yogurt. Va bene anche il latte di capra, a patto che il bimbo ne gradisca il sapore vagamente salato. Il latte di soia va somministrato gradualmente e a piccole dosi: in alcuni soggetti può scatenare allergie.

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Colite e morbo di Crohn

14/11/2010

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La colite ulcerosa e il morbo di Crohn sono malattie che colpiscono l’apparato intestinale e vengono definite generalmente col nome di malattie infiammatorie dell’apparato intestinale. La colite ulcerosa è un’infiammazione del rivestimento del colon, o intestino crasso, caratterizzata da diarrea con perdite di sangue.
Il morbo di Crohn può colpire nello stesso modo qualsiasi parte dell’apparato digerente ed è caratterizzato da dolori addominali, diarrea o stitichezza e perdita di peso. Se non guarisce con i farmaci si deve ricorrere quasi sempre all’intervento chirurgico. In passato veniva definito come ileite ed enterite. Questo disturbo colpisce spesso gli adolescenti che hanno bisogno di un sostegno emotivo.
Benché le cause della malattia siano sconosciute, vi è di solito una relazione tra la colite e lo stile di vita segnato dalla presenza di depressione o ansia. Il grado di stress emotivo di una persona è legato alla gravità della sua colite. La carenza di vitamina K è stata associata alla colite ulcerosa. La carenza di acido pantotenico causa disturbi addominali, vomito e crampi. Nei malati di colite può manifestarsi carenza di fosforo.
La malattia allo stadio iniziale è caratterizzata da crampi o dolori addominali, diarrea e il bisogno di evacuare più volte al giorno. Con l’aggravarsi della malattia, questi sintomi sono accompagnati da sanguinamento rettale. Invece di venire assorbiti dall’organismo, l’acqua e i minerali vengono rapidamente eliminati attraverso la parte inferiore del canale alimentare, provocando perdita di peso ed eventualmente disidratazione e anemia. A causa di questa rapida eliminazione e del minore assorbimento dell’acqua e degli elementi nutritivi, la situazione nutritiva del paziente colitico è molto precaria. L’anoressia accompagna spesso questa malattia a causa dei sintomi ad essa connessi.

La dieta terapeutica per la colite varia, perché alcuni alimenti possono essere irritanti per un individuo e non per un altro, ma dovrebbe essere in ogni caso povera di grassi e ricca di fibre (ad eccezione dei momenti in cui la malattia è in fase acuta), proteine e di acidi grassi insaturi per riformare i tessuti persi o consumati. E’ stato scoperto che il lievito del pane o di alimenti simili come i dolci, è irritante per l’intestino dei malati di colite.
Gli studi più recenti hanno messo in evidenza alcuni alimenti particolarmente irritanti per l’intestino: derivati del latte, verdure crocifere come cavoli e cavolfiori, mais, grano, pomodori, agrumi e uova. Bisognerebbe controllare che gli oli vegetali consumati abbiano un giusto equilibrio tra Omega 6 e Omega 3. L’olio di lino può essere mischiato con oli ricchi di omega 6 per dargli un giusto equilibrio. L’olio di colza contiene entrambi gli acidi grassi. I grassi saturi (Omega 6) favoriscono l’infiammazione e la diarrea. Si consiglia di fare pasti piccoli e frequenti. Il miglior modo di trovare la propria dieta personale è provare parecchi alimenti ed eliminare quelli che sono irritanti per l’intestino. I cibi ricchi di fibre grezze, come frutta e verdura cruda e i cereali integrali che non irritano (il riso completo se gli altri non possono essere consumati) sono buone fonti di fibre. Per diminuire l’irritazione delle pareti intestinali, pur mantenendo un’alimentazione adeguata si consiglia di aggiungere crusca di riso o di altro tipo ai cereali e ai succhi, frullare la verdura cruda o cotta a vapore, o consumare alimenti per bambini. L’aglio consumato in grande quantità e in qualsiasi forma combatte le infezioni.
L’acqua pura o la gassosa può essere utilizzata per sostituire i liquidi persi con la diarrea. Qualche volta il latte e i suoi derivati non sono tollerati, si rende quindi necessaria un’integrazione di calcio. Esiste un tipo di latte senza lattosio. Bisogna evitare il latte molto grasso e i formaggi. Evitate di usare grassi per la cottura degli alimenti, preferite la cottura al forno o alla griglia. Evitate anche i semi e la frutta secca. Alcuni frutti che contengono fruttosio, come le pesche, le pere, le prugne, le susine e il succo di mela, possono irritare il rivestimento dell’intestino e dovrebbero quindi essere consumati insieme ad altri alimenti o dopo il pasto. Bisognerebbe evitare anche le carni rosse grasse, i dolcificanti, i cibi industriali, la caffeina, il tè, il cioccolato, la coca cola e tutti gli alimenti irritanti.
L’acidophilus viene utilizzato per mantenere l’intestino in buona salute. Il ferro è necessario per evitare l’insorgere dell’anemia e la vitamina C per favorire l’assorbimento del ferro. La vitamina B6 insieme al magnesio viene somministrata per iniezioni per rilassare i muscoli e controllare il colon spastico.

L’esercizio fisico è importante, particolarmente lo stretching che migliora la digestione. Anche la forza dell’addome è importante. Avere una vita attiva è positivo per tutti gli aspetti della vita, soprattutto per migliorare la fragile situazione emotiva dei malati di colite.
Le erbe benefiche nel trattamento dei disturbi intestinali sono la camomilla (l’eccesso causa diarrea), l’infusione di lobelia, l’olmo americano (calma il colon), il trifoglio, il polline (regola l’intestino, diminuisce i problemi di prostata), il pau d’arco, il carbone per i gas (deve essere preso ad un’ora di distanza dagli altri integratori o farmaci), il prezzemolo (sempre per i gas), i semi di finocchio, lo zenzero, il ginepro, il tarassaco, la consolida (per la gastrite), il partenio, il peperoncino rosso (per il dolore e l’infiammazione), l’erba gattaria e l’achillea. La scutellaria è un sedativo naturale per combattere il nervosismo e la radice di valeriana calma l’intestino e lo stomaco nervoso.
Le persone alle quali la colite causa stitichezza possono prendere lassativi naturali come la consolida, la pepsina, il cardo in una base di senna e la triphala ayurvedica. Il succo di aloe vera favorisce la cicatrizzazione del colon per chi soffre di colite ulcerosa. Il clistere di gramigna dà sollievo al dolore causato dai gas intestinali e pulisce il colon dalle scorie residue. Anche l’alfalfa è utile per i gas intestinali. Il GLA (olio di enotera) è indicato per la funzionalità gastro-intestinale. Gli alginati (alghe) sono una forma naturale di anti-acidi. I rimedi omeopatici sono Mercurius corrosivus 6C, Arsenicum album 6C e Podophyllum 6C.
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Il chitosano

14/11/2010

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Venuto recentemente di moda, il chitosano è una sostanza conosciuta da molto tempo, essendo stata scoperta intorno alla metà dell'800. Si tratta di un polisaccaride, ovvero una molecola costituita da dei gruppi che hanno a che vedere con il glucosio (più precisamente, con la glucosammina) e che formano una catena. Così come avviene ad esempio con la cellulosa, o -in forma di catene corte- con le farine e gli zuccheri composti.
Questa sostanza è usata da tempo per impieghi che non hanno molto a che vedere con la dieta: ad esempio, per la purificazione dell'acqua.
Essa ha infatti la particolarità di "sequestrare", quasi di "assorbire" alcuni elementi come l'olio, alcuni metalli pesanti, eccetera. Il chitosano è stato impiegato proprio per "eliminare" la diffusione di olii sulla superficie delle acque inquinate.
Questa sua caratteristica di "assorbire grassi" è stata recentemente provata anche per uso dietetico. Si è detto: se il chitosano assorbe i grassi, li "circonda" e non li rende digeribili, ecco che può far diminuire la presenza dei grassi nell'intestino, e quindi diminuire l'apporto di calorie. In effetti i grassi "sequestrati" dal chitosano non sono più disponibili per l'assorbimento, e quindi sono eliminati con le feci.
Naturalmente è impensabile pretendere di legare al chitosano tutti i grassi presenti nell'intestino. Il chitosano (ingerito) può "sequestrare" una parte più o meno rilevante di grassi.
La sperimentazione pratica ha confermato questa possibilità, e per giunta, ha messo in rilievo anche un'altra azione positiva: il chitosano tende a sequestrare anche i sali biliari, e il fegato ricorre (per riformarli) all'utilizzo del colesterolo LDL, ovvero al colesterolo "cattivo", che va abbassato a favore del colesterolo HDL, che è invece quello "buono", che tende a "tener pulite" le arterie.
Per contro, l'alterazione dell'assorbimento dei grassi può portare a alterazioni del transito intestinale (es diarrea). Il chitosano è fornito di solito in forma di polvere, e la fibra si"gonfia" assorbendo acqua. E' quindi importante prenderlo assieme ad abbondante liquido.

In conclusione, che dire del chitosano?

Anche qui (come nel caso dell'Orlistat citato tra i farmaci ipolipemizzanti ) occorre dire che gran parte dei "peccati di gola" che molti obesi compiono non riguardano i grassi, ma i carboidrati (pasta, dolciumi...) contro cui il chitosano può far ben poco...
Quindi, si profila un altro aiuto per chi vuol dimagrire. E' chiaro che l'insidia è sempre la stessa: quella di affidarsi al chitosano (o a qualunque altra cosa) dimenticando che nessuna delle sostanze scoperte fino ad oggi permette di dimagrire senza rischi evitando la dieta.
La dieta (e l'allenamento sportivo) sono insomma una strada obbligata. Vi sono diversi espedienti per "aiutare" a percorrere questa strada. Ma non vi è alcun espediente per evitare di percorrerla!

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    Dott. Ignazio Madonia
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