Alimentazione & Benessere ​Dott. Ignazio Madonia
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Sovrappeso e Obesità

13/11/2010

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L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito l’obesità un’epidemia planetaria dilagante anche nelle
nazioni emergenti (che si affacciano per la prima volta al benessere : paesi dell’est, nord Africa) ; le
statistiche più aggiornate affermano che in Europa l’Italia, alla pari dell’Inghilterra, è seconda solo alla
Germania per numero di persone grasse. Attualmente, per la prima volta nella storia dell’umanità, il numero
dei grassi coincide con quello di chi muore di fame e di stenti. Gli Italiani mangiano meno di 10 anni fa ma
continuano ad ingrassare. Infatti, è sovrappeso: il 47% degli uomini, soprattutto a livello addominale, Il 32% delle donne, comprese le più giovani, Il 12% degli alunni frequentanti la scuola media e il 16% dei giovani delle superiori . 
Inoltre: solo il 24% degli uomini cerca di ridurre il proprio peso in eccesso, perché il 50% lo ritiene
normale, solo l’11% segue una dieta; il 6% cerca di perdere peso facendo attività sportiva, solo il 4% del totale associa lo sport alla dieta.
L’origine dell’obesità e del sovrappeso non è unica, ma multifattoriale. Esiste l’obesità genetica: la tendenza ad
ingrassare ( e ad assumere una certa forma corporea), si eredita dall’albero genealogico, non
obbligatoriamente dai genitori. E’ comunque certo che se uno dei genitori è obeso la probabilità che un figlio lo
diventi è del 30 % , se sono obesi entrambi il rischio supera il 70%. Si ereditano le abitudini alimentari dei
genitori e del clan di appartenenza. Rilevante è l’obesità dovuta all’ alimentazione iperlipidica, (cioè ricca di
grassi) : tutti gli alimenti manipolati industrialmente sono ricchi di lipidi, dallo sconfinato potere calorico
e quindi ingrassante. Nel dopoguerra, sotto forma di grassi alimentari, gli italiani assumevano meno
del 15 % della quota calorica, oggi mediamente ne introducono il 40 %. Non è da sottovalutare l’obesità
dovuta alla modifica dello stile di vita : la struttura familiare è cambiata molto nel corso degli ultimi
decenni. Frequentemente entrambi i genitori lavorano e spesso mangiano in mensa, in paninoteca o al
self service, affidando ad altri la gestione del loro pasto. Quasi nessun componente della famiglia media
passa ore ai fornelli ; i figli pranzano a scuola o dai nonni, durante i pomeriggi, lasciati soli a casa,
mangiucchiano in continuazione a loro piacimento, davanti alla televisione o al computer. Più frequente è l’obesità
dovuta ad un’ alimentazione ipercalorica : tutti mangiano troppo, più volte al giorno (è un classico lo spuntino
serale davanti alla tv). E’ tramontata la figura della madre che prepara piatti equilibrati (mediterranei) : oggi
cucina sempre meno e sempre più spesso risolve il pasto serale con cibo pronto, veloce : formaggio e salumi
sono la regola della cena. Questo modo di nutrirci è qualitativamente squilibrato : poche vitamine, minerali
e fibra alimentare, tradotto in termini semplici significa poca frutta, poca verdura cruda e cotta, pochi legumi e
alimenti integrali. L’obesità è dovuta anche all’attività fisica ridotta:  L’italiano è diventato sedentario, il tempo libero è raramente dedicato al movimento. La maggior parte preferisce nascondersi dietro la cronica mancanza di tempo dovuta al lavoro, alla famiglia, allo studio. Più che all’assunzione smodata di cibo il sovrappeso e l’obesità sono legati allo scarso consumo calorico nello svolgere le normali occupazioni quotidiane, le nuove ricerche spostano l’attenzione dal metabolismo all’anatomia e al funzionamento del tessuto muscolare.
Paradossalmente più l’individuo è grasso, maggiore è la sua incapacità di bruciare molte calorie nello svolgere
attività motoria, l’errore risiede in un difetto di consumo calorico nel salire le scale, usare la bicicletta, spostare i
pesi.
Dov’ è l’errore  metabolico?  Esistono due tipi di fibre muscolari : le fibre di tipo 2 che utilizzano come
propellente gli zuccheri e le fibre di tipo 1 che invece utilizzano soprattutto grassi di deposito. Le persone
obese possiedono una ricchezza di fibre che bruciano zuccheri : è questa la ragione dello scarso consumo
calorico, come dire : più un soggetto è grasso, tanto più l’organismo si oppone al dimagramento.
Da ciò deriva la necessità di associare un adeguato programma di attività fisica al regime alimentare in un progetto
di calo ponderale per gli obesi che devono muoversi di più, allenarsi per consumare maggiore energia : così
facendo si trasformano le fibre di tipo 2 in fibre di tipo 1, perdendo così il peso in eccesso.

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Sindrome di Dumping

13/11/2010

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Per sindrome da dumping si intende l'insieme di sintomi che si producono a breve distanza dai pasti in persone sottoposte a resezione gastrica (dumping in inglese significa svuotamento). Lo stomaco, che in questi pazienti è di dimensioni ridotte, svuota il contenuto ancora mal digerito nell'intestino tenue provocando, per il forte richiamo di sangue e liquidi verso il tubo digerente, un vero e proprio collasso.
La sindrome è costituita da una fase precoce che si verifica entro 30-60 minuti dal pasto, caratterizzata dall'insorgenza di sintomi associati a iperglicemia, quali distensione addominale, diarrea, vomito, tachicardia, nausea, diaforesi, ipotensione, irritabilità oppure letargia. Segue una fase tardiva, 1-4 ore dopo, caratterizzata da ipoglicemia reattiva che si manifesta con sintomi che spesso sono indistinguibili da quelli precoci. Altri sintomi che si possono accompagnare a quelli già descritti sono debolezza improvvisa e intensa, calore, sudorazione profusa, cefalea.
Mentre in età adulta la sindrome da dumping può essere facilmente riconosciuta per le sue tipiche manifestazioni cliniche, nei bambini mancano i classici sintomi gastrointestinali della fase precoce; inoltre i bambini presentano ipoglicemie post-prandiali reattive gravi che possono essere misconosciute. Il mancato riconoscimento o la diagnosi tardiva di questa complicanza è particolarmente frequente nei bambini con gravi problemi neurologici che possono mascherare i sintomi tipici della sindrome.
L'eziologia e i meccanismi fisiopatologici alla base della sindrome da dumping in età pediatrica non sono chiari.
E' certo però che un rapido svuotamento gastrico di soluzioni iperosmolari contenenti carboidrati nel tratto prossimale del tenue determina un richiamo di fluidi nel lume intestinale con conseguente ipovolemia (diminuzione della massa ematica circolante), rapido assorbimento di glucosio, quindi iperglicemia e successivamente ipoglicemia reattiva da risposta insulinica. I sintomi spesso sono scatenati da un pasto ad alto contenuto di zuccheri semplici.
La diagnosi si avvale del test di tolleranza glucidica. Una riduzione del livello glicemico maggiore di 6 mmol/L rappresenta il criterio diagnostico proposto per la DS (dumping sindrome).
Per il trattamento della sindrome, sono state proposte varie strategie nutrizionali, quali l'utilizzo di combinazioni di formule prive di lattosio con carboidrati complessi ed emulsione di grassi, pectina, amido di mais crudo. Tuttavia questi approcci spesso non risultano efficaci soprattutto nel controllare la fase ipoglicemica.
Nella maggior parte dei bambini affetti dalla malattia l'alimentazione enterale continua previene le gravi ipoglicemie reattive, ma questa modalità di nutrizione determina numerose complicanze collegate alla ridotta mobilità e al ritardo dello sviluppo psico-motorio.
Negli ultimi anni alcuni studi hanno dimostrato una buona efficacia terapeutica dell'acarbosio nella stabilizzazione dei valori glicemici anche in età pediatrica. L'acarbosio è un inibitore dell'enzima alfa-glucosidasi che ritarda la conversione degli oligosaccaridi in monosaccaridi e pertanto attenua l'incremento della glicemia post-prandiale e l'ipoglicemia reattiva. La dose utilizzata deve essere personalizzata per il paziente, in base alla risposta glicemica, in modo da raggiungere l'effetto desiderato senza significativi effetti collaterali. Questo trattamento è ben tollerato ed i principali effetti collaterali riportati in età pediatrica sono flatulenza, distensione addominale o diarrea. I pazienti devono essere monitorati per la funzionalità epatica poichè questa terapia comporta un aumento delle transaminasi.

Come prevenire la “sindrome da dumping”?

- Informare ed educare la persona che questo disturbo perdurerà per un tempo limitato (1 – 2 mesi);
- invitare la persona ad assumere pasti piccoli e frequenti (6 – 8 al giorno);
- consigliare la persona di limitare l’assunzione di latte e/o cibi e bevande molto zuccherate;
- invitare la persona a stendersi per circa mezz’ora dopo i pasti (per rallentare il transito del bolo alimentare);
- consigliare l’assunzione di cibi secchi e a modesto contenuto glicidico.

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Quante proteine occorrono al nostro organismo

12/11/2010

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Molte persone si chiedono: di quante proteine ho bisogno per ciascun giorno, per sopravvivere, oppure per fare body-building, o per fare questa o quest'altra attività fisica? Ogni giorno devo mangiare una bistecca, una porzione di carne in scatola, o posso fare il vegetariano? I componenti da cui il nostro corpo parte per costruire i muscoli sono gli amminoacidi. Si tratta quindi di valutare quanti e quali amminoacidi introdurre con l’alimentazione, e dove si trovano questi amminoacidi, in modo da scegliere quei cibi e non altri. Partiamo dal fabbisogno di proteine. Siccome glucidi e grassi non contengono azoto, che invece è contenuto nelle proteine, si dice che: per mantenere le proteine che ci sono nel corpo, ci dovrebbe essere un pareggio nel bilancio dell’azoto.
In altre parole, un po’ di azoto va sempre perso, con le feci, le urine, il sudore, eccetera. Per mantenere i muscoli e i tessuti così come sono, occorre che queste perdite di azoto (ad esempio, con le urine) siano compensate con altrettanti composti a base di azoto che devono entrare con l’ alimentazione.

Se uno deve crescere in muscolatura, questo bilancio deve essere positivo.

Ad esempio, se si perde un po’ di azoto come è inevitabile (le perdite fanno in modo che scenda a -1) e si vuole raggiungere muscolatura +2, deve introdurne 3. L' "1" serve per compensare la normale perdita di azoto, e il "2" serve per incrementare la muscolatura. In totale, va quindi posto nell'alimentazione 3.

Come si valuta il fabbisogno di azoto?

Si usano due metodi: quello basato sulle perdite “obbligate” (come detto, urine, feci o pelle...) chiamato “metodo fattoriale”, oppure il metodo “del bilancio” basato sul calcolo della qualità e quantità delle proteine in ingresso/uscita. I due metodi non forniscono gli stessi risultati, in quanto valutando i fattori di perdita si avrebbe una percentuale di proteine inferiore rispetto a quanto ottenuto col metodo del bilancio. Vari organismi, associazioni e commissioni hanno provato a definire quale sia il fabbisogno di proteine per un essere umano: ci hanno provato in molti dalla FAO all’Organizzazione mondiale della sanità.
Per essere prudenti, si è preso un valore “sicuro” di 80 mg di azoto per chilogrammo di peso corporeo (3,4 N/Kal) e si è aumentato del 30% per tener conto delle variazioni individuali.
Si può anche aumentarlo in situazioni particolari: periodi di allenamento, di gravidanza, fasi della vita in cui si ha una crescita in statura, eccetera. In ogni caso, il bisogno di proteine tipico di una persona normale dovrebbe aggirarsi sul grammo o grammo e mezzo per chilogrammo di peso.
Una persona di 75 Kg, potrebbe aver bisogno di una quantità di proteina che vanno dai 50 agli 80-100 grammi a seconda delle circostanze. (Ad esempio: Per una persona di 75 Kg, si calcola 75 x 0,8gr = circa 60 grammi).Notate che queste proteine sono contenute nella quasi totalità dei cibi (in pratica potete togliere solo l’alcool e pochi altri alimenti...). Si può ragionevolmente pensare che una persona normale possa aver bisogno di circa 100 grammi al giorno di proteine. In certe condizioni morbose, la richiesta può essere superiore, e da studi fatti si vede che in certi casi il bilancio di azoto può divenire positivo solo al di sopra di 1,5 grammi per chilo, ovvero anche oltre i 100 grammi per persone di 75-80 chili.
Vi è qualcuno che ritiene di dover “pompare” l’assunzione di proteine in situazioni di allenamento intenso e pesante, raggiungendo un introduzione di proteine per diversi ettogrammi. Si tratta di una precauzione che in genere è priva di grandi controindicazioni, come del resto è non vi è alcuna prova scientifica che serva a qualcosa. Anzi, se mai vi sono degli studi che paiono dimostrare che questo incrementare la somministrazione di proteine con integratori dietetici non faccia altro che caricare i reni di lavoro: si è visto che aumentando l’introduzione di azoto in modo da fargli aumentare la sua proporzione rispetto agli altri componenti dell’alimentazione (zuccheri e grassi) non fa altro che aumentare solo la sua eliminazione con le urine. Questo aumento proporzionale è proprio quello che si ha quando si introducono integratori a base di sole proteine, o amminoacidi che (come detto) sono i mattoni con i quali esse sono costruite.

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Malattie alimentari

12/11/2010

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Sono i batteri patogeni presenti nell'organismo umano, negli animali e, più in generale, nell'ambiente i responsabili dell'alterazione microbiologica degli alimenti. Alcune volte utili, come quelli che regolano i processi enzimatici e digestivi, i microrganismi risultano talvolta dannosi e compromettono la salubrità di un alimento fino a farlo diventare nocivo per la salute, anche attraverso la produzione di tossine.
Il consumo di alimenti contaminati da microrganismi o tossine batteriche può determinare malattie alimentari. Ne esistono due forme:

intossicazione: è dovuta a sostanze tossiche presenti negli alimenti. Tali sostanze possono essere di origine chimica (metalli pesanti, diossine, ecc.) di origine biologica (micotossine e tossine algali) o di origine microbiologica (botulino, staffilococco, ecc.);

infezioni: si manifestano quando il microrganismo sopravvive in un alimento per un certo tempo per moltiplicarsi poi nell'organismo umano determinando la malattia.

La tossinfezione alimentare è una sindrome morbosa a carattere gastroenterico acuto e con sintomi di avvelenamento, provocata dall'ingestione di alimenti contaminati da microrganismi patogeni o dalle loro tossine. Esistono forme vive di batteri, ma i microbi possiedono anche la capacità di rinchiudersi in una spora, una capsula resistente ove rimangono in uno stato di "non vita" anche per diversi anni, per rivitalizzarsi in un ambiente favorevole alla loro crescita. L'azione di questi germi invisibili non è sempre riconoscibile: infatti, mentre alcuni microbi attraverso i loro enzimi alterano le caratteristiche organolettiche e la consistenza di un alimento, altri non determinano modificazioni evidenti, anche nella fase di massima virulenza. Si deve anche precisare che la sola presenza di batteri patogeni non è sempre in grado di determinare la tossinfezione, ma è necessario che la carica microbica nell'alimento sia elevata; se il cibo è contaminato da pochi germi, un individuo sano può sopportarli senza conseguenze, grazie alle proprie difese organiche. Possono essere suscettibili di infezione persone a rischio (anziani, bambini, immunodepressi).

Le malattie alimentari si manifestano solitamente con disturbi gastrointestinali il cui periodo di incubazione varia da poche ore ad alcuni giorni; spesso le patologie si risolvono in breve tempo senza conseguenze, a volte però esse determinano forme cliniche gravi e anche letali. Per questo, nel caso di un sospetto di sintomatologia di malattia alimentare, occorre subito consultare il proprio medico o il più vicino Pronto Soccorso per stabilire la gravità del male e predisporre tempestivamente la cura: una precisa diagnosi può essere formulata dal medico sulla base delle manifestazioni cliniche, ma soprattutto grazie alla ricerca dell'agente patogeno nelle feci o nell'alimento consumato.Le malattie alimentari maggiormente patogeni sono:

Tossinfezione da salmonella: La salmonellosi umana può essere causata da un'elevata carica di salmonelle presenti soprattutto negli alimenti di origine animale, come uova e carni crude macellate, disturbi gastrointestinali, come vomito o diarrea, possono determinarsi in un periodo da 6 ore a 2-3 giorni per effetto del consumo dell'alimento contaminato e si accompagnano a febbre ed elevata debilitazione.Nella gran parte dei casi la guarigione è completa, ma il soggetto può rimanere portatore convalescente di salmonella o anche portatore cronico attraverso le feci.

Tossinfezione da staphylococcus aureus: E' diffuso nell'ambiente attraverso il corpo umano, in quanto è frequentemente presente sulla cute e sulle mucose dell'uomo e quindi anche di coloro che manipolano gli alimenti, isintomi compaiono tra le 2 e le 6 ore dopo il consumo dell'alimento e si manifestano con nausea, vomito, diarrea e crampi senza febbre. La malattia guarisce spontaneamente, ma il soggetto può rimanere a lungo portatore sano.

Tossinfezione da Clostridium botulinum: I primi sintomi, solitamente, seguono di un paio di giorni l'ingestione, ma compaiono anche più tardi e, se non si interviene in modo tempestivo, possono comportare anche la morte per paralisi respiratoria.

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L'Orzo e i suoi benefici

12/11/2010

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ORZO (Hordeum vulgare), originario dell'Asia, l'orzo fu coltivato fin dai primordi della storia dell'uomo, forse prima del frumento, al quale in seguito ha dovuto cedere la palma, benché resti tuttora un alimento fondamentale per molti popoli. Il Italia è molto coltivato. E' anche conosciuto per la sua tradizionale proprietà galattogena, cioé di stimolo alla produzione di latte materno nelle puerpere che devono allattare. Pianta fondamentale nell'alimentazione umana, l'orzo associa alla funzione nutritiva qualità salutari di tutto rispetto.

Nutriente e tonico - agisce sul sistema digestivo e sull'alimentazione grazie alla sua abilità di apportare sostanze nutritive e favorirne l'assorbimento. Lo stesso decotto e il malto d'orzo usati nelle minestre hanno proprietà rinfrescanti altamente nutrienti che li rendono preziosi nell'alimentazione di persone deboli, convalescenti, vecchi e bambini. Inoltre favorisce l'assimilazione dell'amido da parte del corpo umano.
L'orzo contiene discrete quantità di fosforo ed è utile, quindi, a quanti svolgono un'attività intellettuale e per i soggetti nervosi.
I principi attivi presenti sono: ordeina (alcaloide), maltina, amido, fosforo, calcio, ferro, potassio, magnesio.

* antiinfiammatorio - agisce sul sistema immunitario grazie alla sua abilità nel contrastare le infiammazioni. Il decotto utilizzato sotto forma di gargarismi aiuta nei casi di angina e di infiammazioni della cavità orale.

* emolliente - nei casi di infiammazioni dell'apparato digerente (turbe pancreatiche e biliari) e di quello urinario e nei processi infettivi a carico della mucosa intestinale.

* regolatore intestinale

La storia dell'orzo affonda le proprie radici nelle origini dell'uomo. In cucina l'orzo è un alimento molto usato. In campo estetico il decotto si usa sulle pelli arrossate come decongestionante. Dal seme si ottengono la semola ed i fiocchi, mentre dalle cariossidi tostate e macinate si ricava un caffé dalle proprietà nutrienti senza peraltro essere eccitante.
L'Orzo, conosciuto da più di dodici millenni, è originario dell'Asia occidentale e Africa occidentale e si diffuse rapidamente nel bacino mediterraneo, come narra Plinio, quale cibo speciale per i gladiatori, che venivano, infatti chiamati, "hordearii" cioè mangiatori d'orzo.
Fu uno dei rimedi più utilizzati da Ippocrate che ne tesse gli elogi nel Regime delle malattie acute: "Sembra dunque che il decotto d'orzo sia stato correttamente prescelto tra le vivande cereali in questi morbi e io lodo quelli che lo hanno prescelto. Il suo glutine infatti è liscio, consistente e confortante, fluido e umido misuratamente, dissetante e di facile escrezione, se ce ne fosse bisogno; non comporta astringenza né brutta agitazione, né rigonfia il ventre."
La farmacopea francese cita l'Orzo quale componente della Tisane des Hopitaux "Bonne à tout".
Il decotto di orzo è ancor oggi conosciuto come la "tisana di Ippocrate", recenti esperienze cliniche confermano che la frazione mucillaginosa dell'Orzo concentra e amplifica le proprietà curative del decotto serbando totalmente il tropismo elettivo (il movimento in risposta a uno stimolo esterno) per il lume intestinale. In caso di assunzione di rimedi probiotici (cioé naturali, come appunto Wonderup) la mucillagine di Orzo ne facilita e migliora l'azione.

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Epatite C ed alimentazione

12/11/2010

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L'epatite C cronica è una malattia del fegato causata dal virus dell'epatite C ( HCV ).
L'infezione virale si trasmette generalmente dal contatto tra sangue e sangue.
Prima del 1991 alcune infezione sono avvenute attraverso le trasfusioni di sangue , e prima del 1985 anche attraverso gli emoderivati. L'infezione da virus dell'epatite C può anche essere trasmessa attraverso lo scambio di siringhe tra coloro che fanno uso di droghe per via iniettiva.
Un piccolo rischio di trasmissione dell'infezione è anche associato al " tattoo ", all'elettrolisi, al "piercing" all'orecchio, e all'agopuntura. La trasmissione può anche avvenire per via sessuale.
La percentuale di trasmissione da madre con infezione a figlio è di circa il 6%.
La concomitante infezione con virus HIV può aumentare il rischio di trasmissione.
Spesso le persone infettate dal virus HCV rimangono asintomatiche. L'epatite acuta si sviluppa in circa il 20% dei pazienti infettati e si manifesta con malessere, debolezza ed anoressia.
La maggior parte dei pazienti che contraggono l'infezione da HCV non riescono ad eliminare il virus e sviluppano nel tempo epatite C cronica. La progressione della malattia avviene nell'arco di 20-50 anni.
Il 5-30% circa delle persone infettate con HCV sviluppa cirrosi entro 20 anni, ed una piccola percentuale di questi sono ad alto rischio di carcinoma epatocellulare. Sono stati identificati 6 principali genotipi del virus dell'epatite C. Le risposte al trattamento farmacologico variano al variare dei genotipi.
Lo scopo primario del trattamento dell'epatite C cronica è l'eliminazione del virus dell'epatite C , definita come HCV-RNA non rintracciabile nel sangue per almeno 6 mesi dopo cessazione della terapia.
L'attuale trattamento standard dell'infezione cronica da HCV , moderata-grave, è rappresentato dalla combinazione Interferone-alfa e Ribavirina, con l'eccezione delle persone che non possono tollerare la Ribavirina.
L'Interferone-alfa è eliminato dall'organismo rapidamente, a causa della sua breve emivita ( 4 ore ).
Per garantire l'efficacia nei confronti del virus HCV il farmaco deve essere somministrato per almeno 3 giorni a settimana. La durata del trattamento in monoterapia è di 48 settimane.
Un buon numero di pazienti con epatite cronica C può convivere con la malattia senza grossi problemi. I soggetti infatti possono condurre una vita normale sia in famiglia sia in ambito lavorativo e non devono essere emarginati. È importante che seguano semplici regole precauzionali per non contagiare chi sta loro vicino, altri comportamenti quali cucinare, fare il bagno in piscina, scambiarsi un'abbraccio o una stretta di mano, ballare, non risultano invece essere a rischio. È necessario inoltre che il paziente affetto da una malattia epatica segua un'alimentazione corretta, evitando alimenti dannosi per il fegato.

Le regole a tavola

LE BEVANDE ad alto contenuto di alcol risultano particolarmente dannose per il fegato. Nei pazienti affetti da un'epatite virale cronica, l'assunzione di alcol può causare un aggravamento della malattia, accelerandone l'andamento verso la cirrosi. Anche modeste quantità di alcol assunte durante la terapia antivirale, favoriscono una minore risposta del paziente alla terapia stessa e una minore possibilità di eradicazione dell'infezione. E' necessario quindi eliminare completamente dalla propria dieta bevande contenenti alcol, in particolare: vino, birra, aperitivi, liquori. ALCUNI CIBI, quali uova, cavoli, verdura scura, in passato considerati pericolosi, possono essere assunti senza particolare preoccupazione. Per i soggetti colpiti da un'epatite cronica virale, non esistono vincoli nella scelta degli alimenti. 
L'INAPPETENZA è una manifestazione molto frequente nel corso della terapia:   i pazienti dimagriscono e a volte si può verificare una situazione di malnutrizione. Viene dunque consigliata un'alimentazione diversificata e frazionata in più pasti durante la giornata.
SI SUGGERISCE inoltre una cucina semplice, facilmente digeribile, poco elaborata e condita. E' particolarmente consigliabile il consumo di frutta e verdura, alimenti ricchi di vitamine e sostanze antiossidanti.                                                                

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Il morbo di Alzheimer

12/11/2010

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La malattia di Alzheimer, una degenerazione progressiva del tessuto cerebrale che compromette la vita sociale ed affettiva della persona che ne è colpita, interessa nel mondo circa 29 milioni di persone, 600.000 in Italia.
Al suo esordio la malattia, che aumenta di frequenza dopo i 65 anni di età, spesso non viene riconosciuta e i sintomi iniziali (modificazioni del carattere, perdita di interesse e di iniziativa, vuoti di memoria) sono comunemente attribuiti a invecchiamento, stress o depressione.
La persona interessata continua comunque a svolgere la maggior parte delle attività quotidiane per un lungo periodo di tempo dall’esordio della malattia, ma progressivamente si rende conto di non riuscirci più da sola e quindi di dovere dipendere da altri. In questo contesto interviene una serie di fattori a compromettere la sua capacità di alimentarsi in modo equilibrato e corretto. In primo luogo i disturbi della memoria: può non ricordare di dovere mangiare o di avere già mangiato e quindi le accade di rimettersi a tavola a breve distanza dal pasto precedente; la difficoltà nell’eseguire gesti abituali può provocare un concreto disagio nel preparare e cucinare i cibi e anche nel nutrirsi: la persona ammalata non sa più utilizzare le posate, non riesce a portare nella giusta misura e con la velocità appropriata il cibo dal piatto alla bocca.
I disturbi cognitivi e affettivi (come la depressione) possono rendere la situazione ancora più confusa e incerta: la persona ammalata di Alzheimer vive il presente in uno stato di disorientamento e percepisce in modo distaccato il passato; ha difficoltà nel riconoscere i cibi e persino nell’individuarne la commestibilità.
Possono subentrarle alterazioni del gusto e dell’olfatto e la compromissione del centro della fame e della sazietà: può rifiutare il cibo a denti serrati o accettare esclusivamente dolci. Il bisogno di assistenza aumenta man mano che si aggrava la perdita anche di autonomia alimentare.
La persona ammalata di Alzheimer può assumere due diversi atteggiamenti nei confronti del cibo: mangiare molto più del necessario; oppure, alimentarsi in modo insufficiente.

Nel primo caso mangia troppo, con avidità, senza rispettare l’ordine dei piatti (primo, secondo, eccetera) e a volte ingurgita cibo tagliato o cotto in modo incompleto, rischiando anche di soffocare. Può assumere alimenti troppo freddi o troppo caldi o anche sostanze non commestibili correndo il rischio dell’intossicazione se non addirittura dell’avvelenamento. La conseguenza più frequente è un aumento eccessivo di peso, fino all’obesità.
Può essere utile allora: ricorrere a spuntini non troppo calorici (come verdure crude, frutta, yogurt, grissini, cracker, succhi di frutta); limitare le porzioni di cibo nel piatto; non tenere cibo in vista.

Nel secondo caso la persona non si alimenta a sufficienza, con evidente rapido dimagrimento e/o stato di malnutrizione.
Può essere utile: controllare sempre la quantità di cibo che ha effettivamente consumato;introdurre cibi con molte calorie (come formaggio grana,burro, olio, miele).
Se si osserva un considerevole aumento di peso o un dimagrimento superiore ai 3 chili in 3 mesi, è opportuno consultare il medico curante per valutare la necessità di un intervento specialistico.
L’alimentazione è una parte importante della vita di una persona che soffre della malattia di Alzheimer. È buona norma seguire una dieta equilibrata che contenga carboidrati, proteine, grassi, vitamine, sali minerali e fibra per soddisfare tutti i fabbisogni nutrizionali; è fondamentale assumere una corretta quantità di liquidi.
Se non coesistono altre malattie, come il diabete che richiede una dieta specifica, si può variare liberamente il
menù quotidiano, tenendo conto dei gusti e delle preferenze della persona.
Una guida alla corretta scelta degli alimenti è rappresentata dalla piramide alimentare, simbolo di sana ed equilibrata alimentazione.

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Il fluoro il fosforo ed il magnesio

12/11/2010

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IL  FLUORO

dose giornaliera necessaria: bambini fino a 3 anni: 0.5 mg ,  sopra i 3 anni: 1mg

Il fluoro è molto noto perchè pare aumentare la resistenza dei denti alla carie. Tutti avranno sentito parlare dei “dentifrici anticarie al fluoro” eccetera. Per altro, un eccesso di fluoro provoca una striatura nei denti, che vengono chiamati "denti scritti", perchè paiono portare delle righe di scrittura. La carenza di fluoro determinerebbe invece una maggior debolezza dei denti.
Come in tutti gli altri casi, un'alimentazione adeguata non dovrebbe portare a carenze di fluoro. Spesso l’apporto di fluoro necessario è coperto dall’acqua potabile. Vi sono tuttavia delle zone in cui l’acqua è tanto povera di fluoro che si somministrano agli abitanti dei supplementi di fluoro.
Questi supplementi sono forniti sotto forma di  pastiglie, ma si ricorre in certi casi perfino all’aggiunta di fluoro nell’acqedotto. In terzo luogo, vi sono anche dei tipi di sale da cucina a cui è stato aggiunto fluoro.
Se cercate invece degli alimenti ricchi di fluoro in modo naturale potete invece rivolgervi ai pesci o a certe verdure come spinaci ecavoli. Non al latte materno, che è molto povero di fluoro.

IL  FOSFORO

dose giornaliera necessaria: adulti: 800 mg (26 mmol), adolescenti: 1200 mg (39mmol)

Il fosforo nell'organismo umano è in gran parte legato alle ossa e ai denti. Qui è infatti fissato l'80% del fosforo presente nel corpo. Il restante 20% entra in composti organici o è legato a delle proteine. Una piccola quantità di fosforo è presente nel liquido extracellulare,  e contribuisce al sistema tampone principale delle urine. Partecipa insomma alla correzione del pH (= in qualche modo, la giusta acidità ) delle urine.
Il fosforo entra in un meccanismo fondamentale del metabolismo, chiamato "fosforilazione". Entra nel meccanismo per cui gli zuccheri ( a fronte di una grande richiesta di energia) vengono trasformati in acido lattico. E' il meccanismo noto come "respirazione anaerobia", ovvero il tipo di metabolismo a cui il corpo ricorre quando viene richiesto di uno sforzo molto intenso e prolungato, e in cui la respirazione non riesce a fornire ossigeno sufficiente (si ha il fiatone, un aumento di battiti cardiaci sopra le 140-150 pulsazioni al minuto, un senso di grande stanchezza e a volte crampi generati dall'accumulo di acido lattico, eccetera.)
Il metabolismo del fosforo è strettamente legato a quello del calcio. Un apporto eccessivo di sodio, aumenta l'eliminazione del fosforo. Stessa cosa se aumenta l'ormone paratiroideo (secreto dalle ghiandole che stanno dietro i padiglioni auricolari, le orecchie esterne), se aumenta l'ormone della crescita, i glucosteroidi e la calcitonina.

IL  MAGNESIO

dose giornaliera necessaria: 200-700 mg

Il magnesio è presente nell'organismo umano per la maggior parte (65%) nelle ossa, per un altro 34% dentro le cellule e solo per un 1% nel liquido extracellulare.
Partecipa a meccanismi metabolici ed energetici fondamentali (fosfatasi, ATP, ecc.). Nella trasmissione degli impulsi nervosi è un antagonista del calcio. Partecipa anche alla formazione del DNA. La mancanza di magnesio si manifesta come irritabilità, agitazione psichica, confusione mentale, aritmie cardiache, accelerazione dei battiti del cuore, convulsioni...
Questa mancanza può essere determinata da alcoolismo, allattamento prolungato, perdite renali eccessive, somministrazione di diuretici, abuso di lassativi...
L'eccesso di magnesio può invece dare senso di stanchezza, di debolezza muscolare, nausea, vomito, diminuzione della pressione sanguigna fino al coma. L' eccesso può verificarsi a causa di ingestione di sali di magnesio (purganti come il "sale inglese" = solfato di magnesio, oppure certi antiacidi, ecc...) oppure per insufficienza renale. Gli alimenti ricchi di magnesio sono la frutta secca, la frutta oleosa (noci, nocciole...) i legumi, il cacao.

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Il ferro

12/11/2010

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Il ferro è un metallo dal metabolismo strano. Il corpo umano sembrerebbe fatto per un pianeta poverissimo di ferro, dove esso costituisce un bene preziosissimo. Quando si distruggono i globluli rossi il corpo provvede infatti a "risparmiare" il ferro, e nonostante che il ferro viene così riutilizzato e quindi (in teoria) non serva alcun apporto di ferro, non è infrequente che si cada in situazioni in cui manca. Persino la madre trasmette al figlio (con il latte) una quantità di ferro insufficiente. Basta spesso che in una donna si verifichino delle mestruazioni abbondanti, o che si abbiano anche nell'uomo sanguinamenti periodici o cronici anche relativamente modesti per portare il ferro in dosi critiche o insufficienti.
Il ferro è invece largamente presente in questo nostro mondo, e diffuso ovunque. E' anche noto a molti medici che si può introdurre una notevole quantità di ferro nell'organismo senza che si abbia subito un rimedio alla carenza. Il problema del ferro (metallo presente dentro nell'organismo spesso in dosi critiche) non risiede in effetti nella sua reperibilità, ma nel suo assorbimento, che è piuttosto difficoltoso.

Ruolo

Il ferro è necessario per la sintesi dell'emolgobina, la sostanza che (dentro i globuli rossi) trasporta l'ossigeno al sangue. In pratica, l'emolgobina 1) a livello dei polmoni entra in contatto con l'ossigeno, e "carica" al suo interno una molecola di questo gas. 2) Passa poi nel cuore, e da qui viene "spinta" verso la periferia (muscoli, cervello, altri organi...) dove serve ossigeno. 3) Qui cede l'ossigeno e (così ridotta) 4) torna al cuore, da dove viene di nuovo     5) spinta nei polmoni per una sua "ricarica". E si riparte dal punto (1).
Il ferro è probabilmente l'elemento più critico per la formazione di emoglobina. Da qui si comprende come la mancanza di ferro si riflette direttamente sul trasporto dell'ossigeno con il sangue, e quindi con la capacità di sviluppare lavoro muscolare, di resistere alla fatica, con la capacità di liberare energia aerobia, e in generale per formare un metabolismo efficiente.

Medicina

La mancanza di ferro genera un quadro molto conosciuto come "anemia sideropenica" . Spesso l'anemia sideropenica inizia in modo insidioso e con sintomi vaghi: debolezza, diminuita resistenza alla fatica, vaghi dolori addominali, bruciori di stomaco, mancanza di appetito o fame esagerata... Sono sintomi che spesso si confondono e vengono confusi con quelli di un disagio psicologico o di una netta nevrosi. Davanti a questi sintomi e al sospetto di emorragia anche nascosta conviene fare gli esami di laboratorio che rivelano facilmente la malattia.
terapia: a-casi lievi. Di fronte ad una diagnosi di anemia la dieta ricca di ferro non basta.
Si ricorre alla somministrazione di ferro sotto forma di sali. L'industria farmaceutica produce una grande varietà di sali, nella speranza che ve ne sia qualcuno che provochi meno irritazione gastrica. La terapia non dà risultati immediati, i primi risultati si hanno dopo 15-20 giorni di trattamento, e la somministrazione va proseguita per almeno tre mesi . Vi sono molti casi di insuccesso, dovuti spesso all'abbandono della terapia che richiede una certa costanza.
b-casi gravi. Se l'emorragia supera i 60-70 ml al giorno (circa mezzo litro alla settimana) anche la terapia con i sali di ferro è insufficiente, ed occorre provvedere a eliminare il sanguinamento.

Dietetica

Una dieta equilibrata apporta circa 6 mg di ferro per 1000 Kcalorie. Visto che il fabbisogno teorico di ferro se non vi sono perdite di sangue è nullo, questo potrebbe significare che in teoria il ferro nella dieta basta e avanza.Per quel che riguarda la dietetica generale, non si può che elencare alcuni degli alimenti più ricchi di ferro, tenuto conto che in alcuni casi citati la dieta anche ricca di ferro non è sufficiente.
Il ferro è presente nella maggior parte degli alimenti. Tra i più ricchi sono: fegato, frutti di mare (ostriche, cozze..) alcune verdure come prezzemolo e spinaci, legumi, cacao.

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Il favismo

12/11/2010

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Che cos'è il FAVISMO

Il favismo è un difetto congenito di un enzima normalmente presente nei globuli rossi, la glucosio-6-fosfato-deidrogenasi, essenziale per la vitalità degli eritrociti e in particolare per i processi ossidoriduttivi che in essi si svolgono. La carenza di questo enzima provoca un'improvvisa distruzione dei globuli rossi (emolisi) e quindi la comparsa di anemia emolitica con ittero, quando il soggetto che ne è carente, ingerisce fave, piselli, droghe vegetali o alcuni farmaci (ad esempio sulfamidici, salicilici, chinidina, menadione, ecc.,) che agiscono da "fattori scatenanti", inibendo cioè l'attività della glucosio-6-fosfato-deidrogenasi eritrocitaria, impoverendo ulteriormente i globuli rossi che sono già carenti dell'enzima.
Il difetto enzimatico si trasmette ereditariamente con il cromosoma X del sesso: i maschi ne sono colpiti in forma grave mentre le femmine, che sono portatrici del gene anomalo e possono trasmetterlo ai propri figli, si ammalano di forme più lievi.
La malattia si manifesta in modo improvviso, 12-48 ore dopo l'assunzione di fave fresche (o degli altri alimenti o medicinali summenzionati): il bambino diventa di colorito giallo intenso su fondo pallido. Nei casi gravi, circa la metà dei globuli rossi viene distrutta; la cute e le mucose diventano allora intensamente pallide, oltre che itteriche, le urine ipercolorate, e compaiono i segni di un collasso cardiocircolatorio.

I sintomi
  • Improvvisa insorgenza di febbre e di ittero della cute e delle mucose. Urine ipercolorate, giallo-arancione. Pallore, debolezza, compromissione delle condizioni generali. Respiro frequente, difficoltoso. Polso rapido, debole, poco apprezzabile.
Che cosa fare in attesa del pediatra

  1. La comparsa improvvisa di ittero e di anemia in un bambino è sempre una situazione di emergenza che richiede l'immediato intervento del pediatra e il ricovero in ospedale. La mamma deve astenersi da qualsiasi iniziativa (soprattutto non somministrare farmaci di nessun tipo).
  2. Sforzarsi di ricordare tutti gli alimenti o i farmaci che il bambino ha assunto nelle ultime 24-48 ore e riferirli al pediatra.

I consigli per la mamma

Il ragazzo affetto da favismo dovrà essere avvertito della sua condizione, in modo da potere essere in grado di "proteggersi" ed evitare l'ingestione di fave (anche i piselli talvolta sono mal tollerati) e dei farmaci proibiti. La condizione di carenza dovrà essere notificata anche alla direzione della scuola se il bambino vi consuma i pasti e a qualsiasi medico che già non conosca il bambino e che debba prescrivergli una terapia. La mamma dovrà inoltre essere munita dell'elenco dei farmaci potenzialmente "tossici" e, come tali, da evitare. Questo elenco potrà esserle fornito dall'ospedale o dal pediatra stesso che ha in cura il ragazzo.

Come si cura

L'unica terapia del favismo in crisi emolitica è una immediata trasfusione di sangue fresco. Al più presto possibile, il ragazzo dovrà essere ricoverato in ospedale ove sarà possibile, dopo la trasfusione (sovente sono necessarie più trasfusioni nei primi giorni di ricovero), eseguire gli Indispensabili accertamenti per individuare la condizione di deficit enzimatico. In questa occasione anche la madre, le sorelle e gli altri familiari saranno sottoposti agli opportuni esami ematologici.

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    Autore

    Dott. Ignazio Madonia
    Dietista

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